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Meloni-von der Leyen, il profilo “nuovo” della politica
Gli ultimi, tragici eventi, accaduti in Russia (ma pure in Ucraina), confermano lo stato di drammatica imprevedibilità nel quale il vasto scenario europeo, che resta una parte relativamente piccola all’interno di quello globale, ricade, provando a ragionare di tante cose, ma soprattutto di se stesso e delle varie priorità che, pure, stanno prendendo forma. Il caso più evidente che pervade la politica, nonostante le belliche preoccupazioni e apprensioni, in territorio Ue è da tempo evidente: tutti, protagonisti e aspiranti tali, hanno in mente le elezioni di giugno prossimo. Ma era così anche a dicembre e a novembre scorsi e anche più indietro, in un susseguirsi di azioni e contrazioni che, come ampiamente previsto, non hanno lasciato nulla di significativo, di strutturalmente congruo, o anche incongruo. Ma è restata soltanto l’ansia fibrillante di leader o aspiranti leader che, in realtà, hanno avuto più consistente cognizione che le parti in gioco più rilevanti e padroneggianti sono in terra francese e tedesca. E lì che il gioco assume più precisa definizione, fino a valutare le cose per quello che realmente sono. Tutto il resto, forze e personalità politiche di varia livellatura, in cuor loro sanno bene, nonostante mettano in campo varie azioni depistanti, che senza l’incrocio “magico” con Parigi e Berlino si rischia soltanto di perdere tempo e di doversi assestare lungo il sentiero di una sconfitta non secondaria. Oppure, la scelta di “salvinizzarsi” può anche consistere nell’appiattimento della secondaria ombra di un passo indietro rispetto a numeri inadeguati e inconsistenti.
Ma erano in pochi ad avere in mente l’idea di un’alleanza tutta al femminile - Meloni e von der Leyen - che è stata in grado di fare girare l’Africa (in Paesi molto ben orientati alla politica che ragiona ed è capace di portare a casa flussi di finanziamenti ritenuti più che adeguati) sulle rotte dei migranti, senza, al momento, rendicontazioni di nessun genere. Né lo strepitio del Ppe - che ha escluso Fratelli d’Italia formalmente dal flusso elettorale verso la von der Leyen - pare avere risolto il problema.
(continua)
Ma erano in pochi ad avere in mente l’idea di un’alleanza tutta al femminile - Meloni e von der Leyen - che è stata in grado di fare girare l’Africa (in Paesi molto ben orientati alla politica che ragiona ed è capace di portare a casa flussi di finanziamenti ritenuti più che adeguati) sulle rotte dei migranti, senza, al momento, rendicontazioni di nessun genere. Né lo strepitio del Ppe - che ha escluso Fratelli d’Italia formalmente dal flusso elettorale verso la von der Leyen - pare avere risolto il problema.
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I numeri dell'economia »
“Consumi tengono nel 2024, ma ancora distanti da livelli pre-Covid”
“Il rallentamento dell’inflazione e il taglio del cuneo fiscale sostengono la tenuta dei consumi: nel 2024 - secondo le previsioni di Confesercenti - la spesa media annuale delle famiglie dovrebbe attestarsi su 34.527 euro l’anno, con un aumento di +1.302 euro rispetto al 2023. Un salto però ancora ‘amplificato’ dalla crescita dei prezzi, che pure continua anche se più lentamente: in termini reali, infatti, la spesa media annuale delle famiglie prevista per il 2024 si riduce a 29.126 euro. Si tratta dunque di un risultato in lieve crescita (+288 euro in termini reali, circa il +1%) sul 2023, ma ancora distante dai numeri prepandemia: -1.604 euro (il -5,2%) di spesa annua in meno per famiglia rispetto al 2019”. E’ questo il quadro descritto nel dossier Confesercenti/Cer: “Commercio e consumi. Tra crescita nominale e decrescita reale”, presentato nei giorni scorsi a Roma.
L’inflazione ha frenato la ripresa. “Prosegue dunque, anche se più lentamente di quanto auspicato, il recupero dei consumi delle famiglie. Dopo lo stop imposto dal Covid, i consumi sono tornati a crescere, ma la ripresa è stata fortemente condizionata - in particolare negli anni 2022 e 2023 - dall’alto tasso di inflazione, che ha ridotto fortemente il potere d’acquisto delle famiglie rispetto a cinque anni fa: 100 euro del 2023 valgono 86,4 euro del 2019”.
La spesa sui territori. “Il consolidamento della spesa delle famiglie dovrebbe interessare quasi tutte le regioni, anche se con ritmi diversi. La crescita stimata è più forte nel Nord, in particolare nel Trentino-Alto Adige/Südtirol (+1,6%), Emilia-Romagna (+1,4%), Lombardia e Valle d’Aosta (+1,2%), Veneto (+1,1%), con il Friuli-Venezia Giulia che si allineerebbe alla crescita nazionale (+1%). Sostanzialmente ferma, invece, la spesa delle famiglie in Umbria e in Calabria. Nelle restanti regioni, invece, la crescita della spesa è sotto la media nazionale”.
L’effetto inflazione sulle voci di spesa. “L’impatto del rapido aumento dei prezzi emerge con chiarezza dall’analisi dell’andamento in termini nominali e reali delle singole voci di spesa tra il 2019 ed il 2023 (ultimo anno disponibile per questo livello di dettaglio). Il gap più elevato si registra per i consumi alimentari. In termini nominali, infatti, il budget delle famiglie destinato ai prodotti alimentari è aumentato del 12,9% tra il 2019 ed il 2023 (+720 euro l’anno), ma in valori reali c’è una contrazione dell’8% (-449 euro): un gap di 1.169 euro”.
La voce “dove è più evidente la natura esclusivamente monetaria degli aumenti di spesa è però quella delle abitazioni, colpita direttamente dagli aumenti delle tariffe energetiche. Nominalmente i dati registrano infatti un aumento del 13% (+1.409 euro sul 2019), ma il valore reale della spesa è diminuito di 358 euro (-3,3%). Per la sola componente ‘Elettricità, gas e altri combustibili’, lo scostamento è fra un aumento nominale di spesa del 70,2% (+1272 euro) e una sostanziale invarianza del consumo reale (-0,7%)”.
(Fonte: confesercenti.it/19.03.2024)
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L’inflazione ha frenato la ripresa. “Prosegue dunque, anche se più lentamente di quanto auspicato, il recupero dei consumi delle famiglie. Dopo lo stop imposto dal Covid, i consumi sono tornati a crescere, ma la ripresa è stata fortemente condizionata - in particolare negli anni 2022 e 2023 - dall’alto tasso di inflazione, che ha ridotto fortemente il potere d’acquisto delle famiglie rispetto a cinque anni fa: 100 euro del 2023 valgono 86,4 euro del 2019”.
La spesa sui territori. “Il consolidamento della spesa delle famiglie dovrebbe interessare quasi tutte le regioni, anche se con ritmi diversi. La crescita stimata è più forte nel Nord, in particolare nel Trentino-Alto Adige/Südtirol (+1,6%), Emilia-Romagna (+1,4%), Lombardia e Valle d’Aosta (+1,2%), Veneto (+1,1%), con il Friuli-Venezia Giulia che si allineerebbe alla crescita nazionale (+1%). Sostanzialmente ferma, invece, la spesa delle famiglie in Umbria e in Calabria. Nelle restanti regioni, invece, la crescita della spesa è sotto la media nazionale”.
L’effetto inflazione sulle voci di spesa. “L’impatto del rapido aumento dei prezzi emerge con chiarezza dall’analisi dell’andamento in termini nominali e reali delle singole voci di spesa tra il 2019 ed il 2023 (ultimo anno disponibile per questo livello di dettaglio). Il gap più elevato si registra per i consumi alimentari. In termini nominali, infatti, il budget delle famiglie destinato ai prodotti alimentari è aumentato del 12,9% tra il 2019 ed il 2023 (+720 euro l’anno), ma in valori reali c’è una contrazione dell’8% (-449 euro): un gap di 1.169 euro”.
La voce “dove è più evidente la natura esclusivamente monetaria degli aumenti di spesa è però quella delle abitazioni, colpita direttamente dagli aumenti delle tariffe energetiche. Nominalmente i dati registrano infatti un aumento del 13% (+1.409 euro sul 2019), ma il valore reale della spesa è diminuito di 358 euro (-3,3%). Per la sola componente ‘Elettricità, gas e altri combustibili’, lo scostamento è fra un aumento nominale di spesa del 70,2% (+1272 euro) e una sostanziale invarianza del consumo reale (-0,7%)”.
(Fonte: confesercenti.it/19.03.2024)
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Sangalli: “L’economia frena, accelerare riforme e Pnrr”
“A marzo peggiora il quadro congiunturale italiano con variazioni negative degli indicatori in alta frequenza: fiducia delle imprese, vendite al dettaglio, produzione industriale e, a gennaio per la prima volta da luglio scorso, anche l’occupazione”. Queste le valutazioni dell’Ufficio Studi di Confcommercio che compaiono all’interno di un’analisi dell’economia italiana che viene elaborata con cadenza mensile. Secondo le stime dell’organizzazione, “a marzo la ricchezza nazionale (Pil) dovrebbe registrare, nel confronto con febbraio, una crescita nulla. Su base annua la variazione si manterrebbe debolmente positiva”. Nel complesso del primo trimestre Confcommercio “stima una variazione dello 0,1% congiunturale e dello 0,3% nel confronto annuo. A questi dati va aggiunta la doppia variazione negativa congiunturale dei consumi nei primi due mesi del 2024 (0,4% e -0,2%). Le traduzioni in termini tendenziali (anno su anno) sono, comunque, ancora positive: +0,4 e +0,8% per i consumi nei primi due mesi e +0,3% per il Pil nel primo quarto dell’anno in corso. A livello di singole funzioni di consumo, a febbraio, i settori più dinamici sono stati l’automotive (+18,3%), i trasporti aerei (+1,4%) e i servizi ricreativi (+3,7%). In difficoltà permangono mobili (-3,5%), alimentari (-1,5%), abbigliamento e calzature (0,5%)”.
L’analisi di Confcommercio.
“Il passo è dunque lento e non coerente con l’obiettivo di crescita annuale che non può discostarsi troppo dall’1%. Si conferma, quindi, che la crescita è ancora tutta da costruire”, evidenzia la ricerca. Confcommercio “non esclude tuttavia un colpo di reni dell'economia italiana”. “L’accelerazione è possibile, a due condizioni: la prima, che l'inflazione continui a declinare a partire da aprile, dopo la risalita che prevediamo per marzo (all’1,5% tendenziale dallo 0,8% di febbraio). La seconda, che si stabilizzi lo scenario internazionale prima che le tensioni sui costi di trasporto, logistica e materie prime si trasmettano ai prezzi finali o che si generino razionamenti sulle importazioni e tagli al volume del commercio internazionale”.
(Fonte: confcommercio.it/24.03.2024-Marco Sabella/Corriere della Sera 24.03.2024)
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L’analisi di Confcommercio.
“Il passo è dunque lento e non coerente con l’obiettivo di crescita annuale che non può discostarsi troppo dall’1%. Si conferma, quindi, che la crescita è ancora tutta da costruire”, evidenzia la ricerca. Confcommercio “non esclude tuttavia un colpo di reni dell'economia italiana”. “L’accelerazione è possibile, a due condizioni: la prima, che l'inflazione continui a declinare a partire da aprile, dopo la risalita che prevediamo per marzo (all’1,5% tendenziale dallo 0,8% di febbraio). La seconda, che si stabilizzi lo scenario internazionale prima che le tensioni sui costi di trasporto, logistica e materie prime si trasmettano ai prezzi finali o che si generino razionamenti sulle importazioni e tagli al volume del commercio internazionale”.
(Fonte: confcommercio.it/24.03.2024-Marco Sabella/Corriere della Sera 24.03.2024)
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