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Il titolo del mio “Punto di Arpocrate” è anche la sintesi di un confronto tra discipline che il Prof. Raimondo Pasquino ha voluto promuovere sia come studioso che come già presidente del Consiglio Comunale di Napoli, a cui é ancora a cuore rilanciare il tema di una problematica complessa, poco inquadrata come Anticipatory Governance. Il perché c’è bisogno dell’Anticipatory Governance è stata anche la conclusione scientifica del convegno. L’Anticipatory Governance è la più sofisticata teoria finora concepita per potere neutralizzare le fonti strutturali di sincronizzazioni fallite, come la segmentazione dei problemi per competenze ministeriali, a scalare fino a quelle degli Enti territoriali; queste competenze da coordinare provocano il sistematico accumulo di ritardi dovuto allo spostamento delle decisioni verso i livelli più alti dell’organizzazione, o, peggio ancora, la stretta identificazione tra struttura sussidiaria e funzioni da sviluppare (commissario). L’Anticipatory Governance è attualmente il miglior modo conosciuto per potere aumentare la capacità delle organizzazioni sociali di diminuire localmente (o tatticamente) il tasso di sincronizzazioni fallite, e quindi generare futuro per l’intero sistema.
Il racconto degli esperti della tavola rotonda, invece, ha fatto capire che la progettazione è ancora troppo micro; la miriadi di interessi dei privati che sono possessori egemoni dell’area vasta, la frammentazione delle visoni istituzionali (Municipalità, Comune, Città metropolitana, Autorità di bacino, Autorità portuale, Regione, Ministeri e Commissione Europea) non fa emergere l’efficacia dei progetti di appalto in campo, in termini di economie di scala, scopo e di rete. Le procedure di appalto hanno vissuto e continuano ad agire a singhiozzo con una grado di sussidiarietà e reciprocità tra istituzioni bassissimo, e spesso avverso. Per quanto le componenti scientifiche presenti siano state di diversa enfasi, esse hanno condiviso alcuni aspetti comuni. Tra questi, due meritano una particolare attenzione: il riconoscimento che l’espressione Anticipatory non ha natura previsiva ma spiega la relazione tra complessità e Anticipatory governance ed ancora i sistemi tradizionali di formulazione delle politiche sono basati sul presupposto della linearità. La linearità distorce la nostra nozione di causa ed effetto.
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L'altra notizia »



“L’economia del mare in Italia vale 161 miliardi di euro. Questo il dato principale emerso dall’anteprima del dodicesimo Rapporto nazionale sull’economia del mare dell’Osservatorio nazionale Ossermare insieme al Centro Studi delle Camere di Commercio Tagliacarne di Unioncamere presentato il 10 aprile scorso al terzo Summit Nazionale sull’Economia del Mare Blue Forum di Gaeta. L’evento è stato organizzato dalla Camera di Commercio di Frosinone-Latina e dalla sua Azienda Speciale InforMare in collaborazione con Unioncamere, Assonautica Italiana, Ossermare, Blue Forum Italia Network e con il patrocinio del Ministero per la Protezione civile e le Politiche del mare”. Antonello Testa, coordinatore dell’Osservatorio, “ha evidenziato due aspetti fondamentali: in primis la resilienza del comparto, che ha resistito al calo generale delle imprese economiche (-1%) con una diminuzione sotto allo 0,1%; in seconda battuta la forte espansione dell’economia del mare che continua ad occupare uno spazio sempre maggiore nella costruzione della ricchezza italiana, con un valore aggiunto totale, dato dalla somma del valore aggiunto diretto pari oggi ad 59 miliardi e quello indiretto pari a 102 miliardi, equivalente a 161 miliardi che sono cresciuti enormemente rispetto ai circa 143 miliardi del 2021 e che oggi valgono il 9,1% dell’intera economia nazionale”.
Il presidente Carlo Sangalli ha evidenziato che “il Blue forum sull’economia del mare è un appuntamento di intelligenza strategica nella capacità di mettere insieme i tanti sistemi economici e sociali intorno ad un fattore decisivo per il nostro Paese. Il sistema del mare italiano - ha aggiunto - è in netta crescita e vale circa il 9% dell’economia del Paese, ha una valenza culturale di comunità, come fonte di ispirazione di identità non solo per le comunità costiere, ma per l’intero Paese”. Il presidente Sangalli ha sottolineato che "le attività marittime costruiscono la nostra economia diffusa e si proiettano nel futuro, nell’equilibrio tra identità, crescita e sostenibilità. Proprio per questo eventi come il Mare Blue Forum sono occasioni importanti e propositive e la mostra ‘Italia Nazione di mare’ può avvicinare i più giovani ad un futuro di consapevolezza e di opportunità".
(Fonte: confcommercio.it/10.04.2024)
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GLOCAL di Ernesto Pappalardo »

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Resta una sola parola sul profilo del mondo: pace

E’ sempre molto difficile in questo scenario complessivo provare a trovare le idee giuste per dedurre qualche conseguenza concreta rispetto ai tanti, numerosi, significativi avvenimenti che si succedono incessantemente, e anche molto tragicamente, dinanzi ai nostri occhi. Molta parte di popolazione, la stragrande maggioranza, appare di fatto rintanata in se stessa, attonita, allibita di fronte a quanto accade, anche perché non è in grado di decodificare compiutamente cose, fatti, guerre, conflitti, vendette che prendono forma e non si fermano mai. E’ questo il tempo che si succede intorno a noi, che pure attendiamo di carpire pezzi di mondo nuovi, che veramente ripartono, prendono lo spunto giusto per ritrovare il vero equilibrio delle cose. E invece? Che cosa prende forma? A che cosa andiamo incontro davvero? Tutto quanto accade, che urla e si agita per combattere e per mettere in mostra la forza prevalente, sembra avere perso di vista anche gli equilibri falsi del passato, quelli che una volta erano considerati gli ideali ispiratori, la forza delle idee che, prima o poi, si affermeranno o perderanno consenso, ma, intanto, hanno motivato le popolazioni, le persone, fino a farle capaci che la storia li ha premiate o offuscate. Eppure, la maggioranza dominante, in fondo, si mostra occupata a schivare ogni colpo, a parare ogni mossa, ogni iniziativa giudicata frettolosamente deleteria e, quindi, lontana mille miglia da iniziative, invece, da sostenere e rafforzare. E’ questo, per esempio, lo scenario dominante rispetto ai vari tentativi messi in campo per provare a superare le conseguenze negative derivanti dai vari conflitti in atto che vengono vissuti sempre come scogli da mettere da parte proprio quando si devono elaborare rotte, tracciare percorsi. Il tentativo di fermare il tempo, di coagularlo in una dimensione non negativa, ma affrontabile, con il contenimento dei deflussi negativi, prevale in ogni singola azione che riesce a prendere forma. Ma nessuno - nessuno - in fondo si sta ponendo il problema di riprendere il decorso normale delle cose. In fondo, la netta maggioranza della minoranza vincente è convinta che è il momento di continuare a dominare, a confermare i domini che fruttano giusto, che distribuiscono dividendi di forza e, quindi, perseverano fermamente nell’attribuirsi prove di forza, nell’accatastare riserve di vittoria, di potere pervasivo, di dominio espansivo.
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I numeri dell'economia »

Commercio Unioncamere

Confesercenti, segnali positivi. “Ma le piccole superfici soffrono ancora”

“Segnali di miglioramento per il commercio. A febbraio le vendite tornano a crescere in volume sull’anno per la prima volta da maggio 2022. Un aumento di lieve entità - appena il +0,3% - che però auspichiamo segnali l’inizio di un’inversione di tendenza”. Queste le considerazioni di Confesercenti che commenta le rilevazioni diffuse da Istat sulle vendite al dettaglio di febbraio. “A dare un impulso positivo alle vendite il rallentamento dell’inflazione ed il progressivo recupero del potere d’acquisto delle famiglie, grazie anche agli interventi di sostegno ai redditi e per la riduzione della pressione fiscale”. Nello specifico, “a contribuire all’incremento, sul fronte delle vendite dei beni, anche un febbraio positivo per l’abbigliamento: rispetto allo scorso anno le vendite crescono in valore del +3,2% - un dato superiore all’inflazione - grazie alla spinta dei saldi di fine stagione e al ritorno di un meteo ‘invernale’ dopo mesi di caldo anomalo che avevano frenato gli acquisti di capi invernali”. Va detto che “il recupero complessivo segnalato da Istat a febbraio, però, non riguarda ancora le piccole superfici, che registrano una crescita delle vendite in valore sull’anno appena dell’1%: una variazione che, al netto dell’inflazione, si tramuta in un’ulteriore riduzione in volume. La Grande Distribuzione, invece, è tornata a correre, segnando un aumento del +4% rispetto a febbraio 2023”. Un divario che segnala come, “nonostante l’inversione di tendenza di febbraio, le difficoltà delle famiglie e dei negozi si siano solo attenuate, non risolte. La tendenza all’aumento dei consumi - che secondo le nostre previsioni elaborate con CER dovrebbe assestarsi sul +0,7% nel 2024 - va incoraggiata e sostenuta con provvedimenti adeguati, a partire dalla conferma del taglio del cuneo e della prosecuzione della riforma fiscale anche per il 2025”.
In ogni caso, ribadisce Confesercenti, “servono però anche interventi a favore delle piccole imprese del commercio, che vedono aumentare strutturalmente il gap con le altre forme distributive. Occorre introdurre misure strutturali, con un pacchetto di formazione per gli imprenditori, sostegni all’innovazione, una fiscalità di vantaggio per le piccole imprese della distribuzione con fatturato inferiore ai 400mila euro annui e una cedolare secca per le locazioni commerciali, subordinandone l’accesso alla concessione di un canone concordato al locatario, verificata e garantita dalle associazioni di categoria. Siamo convinti che, con queste misure, sarebbe possibile ridurre l’erosione delle quote di mercato delle piccole superfici, recuperando 5,5 miliardi di euro di vendite, e salvando quasi 30mila attività commerciali di vicinato dalla scomparsa nei prossimi sette anni”.
(Fonte: confesercenti.it/10.04.2024)

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“Puntare sulla crescita, non c’è un piano B”

“L’economia cresce lentamente. Nessun allarme, ma fondate preoccupazioni”. Nei primi mesi del 2024 “emergono importanti segnali favorevoli”, ma “i consumi, che valgono il 60% del Pil, continuano ad essere deboli” e “c’è la debolezza della produzione industriale, soprattutto per la flessione dei beni di consumo”. È questo il quadro delineato dal presidente confederale, Carlo Sangalli all’inizio del suo intervento in occasione della conferenza stampa di apertura del ventitreesimo Forum di Confcommercio. Le preoccupazioni più forti? Nel medio termine “sono i significativi gap rispetto ai Paesi europei in termini di calo demografico, di tassi di partecipazione al lavoro, in particolare quello femminile, e di produttività”, come conferma la ricerca dell’Ufficio Studi Confcommercio. “Le indicazioni congiunturali non aiutano a tracciare un percorso di ripresa”, ha specificato Sangalli, sottolineando che “appare ottimistica la valutazione contenuta nel Def per il 2025 di una crescita dell’1,2% senza la conferma dei tagli al cuneo fiscale già in vigore per il 2024”. Per raggiungere l’obiettivo, “è decisiva la conferma della riduzione delle aliquote e del taglio al cuneo contributivo” e “per aiutare la crescita per l’anno in corso, una bella mano potrebbe giungere dalla Banca Centrale Europea nella riunione del prossimo 6 giugno: chiediamo un segnale di coraggio, con una riduzione dei tassi di mezzo punto percentuale, largamente coerente con le valutazioni che la stessa Banca Centrale fa tra l’altro in termini di riduzione dell’inflazione”.
Il presidente di Confcommercio sottolinea che “sulla crescita bisogna puntare, non c’è un piano B”, ricorrendo a “tutte le leve possibili, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica”. Va accelerata “la realizzazione delle riforme e degli investimenti legati al Pnrr, che è un’opportunità irripetibile per rendere l’Italia più moderna, efficiente, inclusiva, aperta all’innovazione”. E “occorre andare avanti anche sulla riforma fiscale e giungere alla sua completa realizzazione: riduzione del carico e semplificazione dell’adempimento ne sono cardini irrinunciabili. Bene, dunque, la riduzione delle aliquote Irpef in termini di minore carico tributario e maggiore reddito disponibile, misura che va però certamente resa strutturale”. Confcommercio ritiene che si debba puntare sulla “conferma della riduzione del cuneo contributivo anche per il 2025, come peraltro annunciato dal Governo” e condivide l’idea di “estendere la riduzione del carico fiscale al ceto medio. Sarebbe una boccata di ossigeno in grado di sostenere i consumi e, quindi, di incidere positivamente su occupazione e crescita”.
(Fonte: confcommercio.it/16.04.2024)
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di Ernesto Pappalardo

A riflettere bene sulle conseguenze dei lunghi anni della crisi recessiva - e su quelle che potrebbero derivare dal nuovo rallentamento in atto - la fisionomia del sistema economico e produttivo della provincia di Salerno, per la verità, non ne esce eccessivamente male. Si cristallizza in un paradigma ben saldo da diversi decenni in termini di segmentazione del valore aggiunto con una netta “propensione” verso i servizi, il turismo, la ristorazione, l’accoglienza (dichiarata o sommersa). Come in tutte le altre aree del Mezzogiorno (ed in larga parte d’Italia) il manifatturiero in senso stretto accusa difficoltà, ma risponde come può. E cioè con casi virtuosi di aziende export e green oriented che rappresentano una minoranza ben agganciata alle catene della produzione del valore nazionale (ed in parte internazionale), a fronte, però, di una maggioranza che si barcamena, naviga a vista ed è di nuovo alle prese con percorsi di accesso al credito difficili (e molto onerosi in termini di costi). La regressione degli investimenti pubblici, naturalmente, influisce negativamente con maggiore efficacia (se possibile) anche su quelli privati e va a finire che pure strumenti interessanti come la Zona Economica Speciale (che ingloba i porti di Napoli, Salerno e Castellamare di Stabia e le aree retro-portuali) - sebbene in attesa dell’attivazione definitiva delle corsie veloci in termini di semplificazione amministrativa e di credito d’imposta - risentono di uno scarso appeal soprattutto nei confronti di imprese provenienti dall’estero o da territori almeno extra-regionali.
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