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GLOCAL di Ernesto Pappalardo »

Sicuri che quello che ascoltiamo/leggiamo/vediamo affondi le radici nel “contesto reale” degli accadimenti?
“Personaggi in cerca d’autore”, fatti e opinioni
Siamo certi, a questo punto, di comprendere bene quello che succede intorno a noi? Siamo in grado di capire, o, almeno, di intuire dove stanno i “buoni” e dove si annidano i “cattivi”? O è già anche questo un discorso superato dal tempo del “racconto”?

I “personaggi in cerca d’autore”, ormai, si susseguono senza sosta sul palcoscenico della rappresentazione mediatica, che resta l’unico di questi tempi a non azionare il freno, ma, anzi, ad accelerare progressivamente. Anche quando può sembrare che il pubblico – sempre più ampio – intende tirare il fiato. E, invece, no, nessun rallentamento, perché, probabilmente il bacino dal quale attingere per proseguire nel “racconto” di fatti e cose – che accadono, potrebbero accadere o non accadono proprio – sempre “imminenti”, è immerso in una costante dimensione mutante. Resta il dubbio di fondo: ma come si orienta, alla fine, il modesto e “attento” (tele) spettatore di fronte a un contesto che, in realtà, insegue prima di tutto il proprio “successo”, legato alla capacità di “dirimere” il traffico di notizie/non notizie? Siamo proprio sicuri che quello che ascoltiamo/leggiamo/vediamo affondi le radici nel “contesto reale” degli accadimenti? O, a pensarci bene, è proprio il “contesto reale” che costituisce la base di riferimento per elaborare, poi, e testare teorie, convincimenti, schieramenti che, in fondo, sono ben posizionati nelle trincee di un “conflitto” socio/politico vincente perché è esso stesso la materia del contendere, il punto focale che alimenta l’attenzione e gli interessi che si contrappongono? In buona sostanza, è il “conflitto” che attira e attrae il pubblico sempre più disposto a ragionare in termini di contrasto e di contrapposizione, a prescindere da fatti e cose che assumono la rilevanza non secondaria di offrire l’opportunità di scontrarsi. Perché, ormai, il ruolo centrale – assunto in  nome della “supremazia” delle cose che accadono rispetto a quelle che, alla fine, non accadono – di chi descrive, interpreta, prevede, critica, si esprime in nome e per conto di (?), è estremamente rilevante, fino ad appropriarsi di una funzione sempre più determinante: il costruttore di opinioni, pareri, interpretazioni dominanti. Se guardiamo bene i protagonisti reali delle pagine giornalistiche – naturalmente declinate nei vari circuiti diffusionali – ci rendiamo conto  di come, ormai, i veri attori che declinano “certezze” ed opinioni a pieno ritmo, sono tutte quelle personalità che, in fondo, esulano dalla propria missione professionale per diventare – nella costanza del richiamo giornalistico, appunto – le star che si dedicano al pubblico in attesa di capire bene quello che accade. E il giornalista è lì, a mettere in evidenza il filo che unisce (o non unisce) la sequenza di fatti e opinioni o di non fatti e non opinioni che prova a raccontare.

In altre parole, assistiamo quotidianamente al prendere forma di eventi e micro-eventi che trovano pronta accoglienza in tutti quegli spazi dove è necessario “leggere” e “interpretare” la realtà, finendo sempre con il rafforzare personalità e personaggi che solo raramente riescono a muoversi prescindendo dall’accoglienza che gli riserverà questo tipo di palcoscenico.

Siamo certi, a  questo punto, di comprendere bene quello che accade intorno a noi? Siamo in grado di capire, o, almeno, di intuire dove stanno i “buoni” e dove si annidano i “cattivi” in relazione ai fatti veri e propri? O è già anche questo un discorso superato dal tempo del “racconto”, perché tutto concentrato sulle “conclusioni”, sulle conseguenze che si materializzeranno?

Di fronte a questo scenario è possibile, però, provare a fare il solo “mestiere” che diventa naturale: non smettere mai di provare a pensare con la propria testa, sulla base di fatti, non di opinioni e commenti. Difficile, senza dubbio. Ma è l’unica speranza che ci rimane.

Ernesto Pappalardo

direttore@salernoeconomy.it

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"E' la stampa, bellezza"
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