Lo speciale 1 »
di Virgilio Gay*
La discussione politica di questi tempi è stata troppo concentrata sulle diverse posizioni, che hanno dato vita a un minuetto delle parti: l’obiettivo era quello di scambiarsi più volte il posizionamento rispetto al lockdown: a volte a favore dell’apertura altre volte a favore della chiusura, così è accaduto anche per la successiva riapertura. Una sorta di trappola digitale che, in certi casi, vorrebbe evolversi anche in strategie quantistiche: essere ad esempio contemporaneamente a favore e contro il Mes. Nel film vincitore dell’Oscar 2020, Parasite di Bong Joon Ho, quando si accorge che la situazione sta precipitando il capo-famiglia Kim dice: «L’unico piano che funziona è non avere un piano». Non vorremmo che fosse questo il manifesto politico di Conte. Una riedizione dell’andreottiano “tirare a campare piuttosto che tirare le cuoia”. Proprio il film coreano rappresenta la metafora di questi tempi, con la pandemia in corso. Vediamo come. Innanzitutto, per quella rappresentazione dell’idea di Marx che l’andamento economico sia alla base di qualsiasi costruzione sociale e ideologica. Vedendo il film, la sensazione è che il famoso capitale sia ciò che plasma il carattere, gli obiettivi di vita, il modo di essere delle persone.
La famiglia Park vive nella sua lussuosa dimora, tra agi e comfort. Possiede la sensibilità per capire i malesseri dei suoi membri, ma non per comprendere il disagio provocato dalla povertà. Ecco perché si mostrano vani e schizzinosi, anche nei momenti più impensabili. Emerge forte la loro inconsapevolezza. Non quella di chi non vuole vedere, quanto invece quella di chi non ha assolutamente idea che ci sia qualcosa da vedere. Proprio come Maria Antonietta nell’episodio attribuitole delle famose brioches.
Dunque l’economia è il motore che muove tutto e ce ne stiamo rendendo conto con gli avvenimenti della pandemia del Covid-19. Perciò non è difficile credere che la ricchezza o la povertà siano in grado di determinare o influenzare la personalità o le filosofie di vita.
Sconfitto dalla secolarizzazione della realpolitik, eppure oggetto del tentativo di recupero tentato con la fondazione del Pd, appare oggi completamente dimenticato il processo analogico del pensiero moroteo, che immaginava una evoluzione verso il percorso inclusivo delle grandi narrazioni del secolo breve.
L’iniziale compiacenza della sinistra radical chic alle lusinghe della finanza, l’arrocco della classe dirigente rispetto ai bisogni dei cittadini hanno aperto la strada al populismo, di destra e di sinistra.
Davanti ad eventi che segnano la storia come pietre miliari, dividendone le successive analisi in un prima e un dopo, serve un alto profilo istituzionale che rimetta al centro la Politica, quella con la maiuscola. Serve lo sforzo comune di progettare il futuro, nel contemperamento dei differenti interessi in campo. Serve uno spirito di cooperazione per il conseguimento dello sviluppo della comunità.
Serve un architetto, non un avvocato del popolo.
«Questa è la storia di un uomo che cade da un palazzo di cinquanta piani. Mano a mano che cadendo passa da un piano all’altro, il tizio, per farsi coraggio, si ripete: “Fino a qui tutto bene”. Il problema non è la caduta, ma l’atterraggio.», diceva Hubert in L’odio di Kassovitz.
Se avessero ragione coloro che sostengono che niente sarà più come prima, anche in politica vorremmo assistere a cambiamenti radicali. Si sta creando uno spazio che ha l’orizzonte di una vasta prateria. Si percepisce una nuova frontiera, per dirla alla Kennedy.
La guida potrà offrirla un movimento fondato sui valori di quella ecologia totale indicata da Papa Francesco. La ricomposizione dell’area cattolica, con spirito francescano e cultura gesuita. Potrà affermarsi, però, solo arricchendosi del contributo dei millenials, orientati alla sostenibilità: ambientale, economica, sociale.
*Esperto di marketing territoriale

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