contatore visite free skip to Main Content
info@salernoeconomy.it

GLOCAL di Ernesto Pappalardo »

Mentre si allarga il divario tra le due Italie attraverso la pericolosa rimodulazione dei residui fiscali.
Nella trappola degli animal spirits
Come si fa a cavalcare i social e a raddoppiare i like parlando di infrastrutture, rischio sismico, investimenti di medio e lungo e periodo e, quindi, incompatibili con la campagna elettorale permanente?

La ricerca senza freni del consenso elettorale è ormai da considerarsi il male tumorale delle forze politiche. La trasformazione della legittima lotta tra partiti-movimenti-aggregazioni di non si sa bene che cosa in una rissa permanente a sfondo mediatico – con il pieno abboccamento strumentalizzante della filiera estesa dell’info/comunicazione – ha prodotto negli ultimi anni lo svuotamento totale di ogni prospettiva di medio o lungo termine dal punto di vista della programmazione strategica dello sviluppo del Paese. Naturalmente, in questa grande confusione hanno maggiori chances di sopravvivenza i pesci grandi (economicamente parlando) a tutto svantaggio di quelli piccoli che hanno perso qualsiasi rete di protezione adeguata alla portata delle problematiche sul tappeto. E considerando che territorialmente le forze in campo sono ben localizzabili – a tutto svantaggio del Mezzogiorno – è abbastanza evidente che la situazione è ben più grave di quanto appaia, pur dovendo tenere conto di “anomalie” positive.

Eppure, di fronte a questo scenario inquietante ogni giorno si ripete sotto i nostri occhi il teatrino di una propaganda – da parte dei vincenti e dei perdenti – che non fa altro che allontanare tutte quelle energie e quelle competenze che, invece, dovrebbero essere al centro di ogni azione politica effettivamente tesa alla risoluzione dei problemi. Insomma, la prevalenza del criterio della clientela e dell’”appartenenza” in termini di capacità di portare voti e consenso alimenta sempre i  “potentati” alla base del disastro sociale ed economico che si sintetizza in un debito pubblico di dimensioni assurde per un Paese che ha ambizioni di rimanere tra quelli più avanzati del pianeta.

Il rallentamento dell’economia, il probabile ritorno a numeri strutturalmente recessivi dovrebbero indurre politica ed istituzioni a dismettere le cattive abitudini del piccolo cabotaggio per trovare uno scatto di autentica responsabilità. Ma dal Governo in giù, fino al gradino dei Comuni (piccoli, medi e grandi) – a parte le eccezioni legate più che altro alla virtuosità coesiva di territori che di fatto sono da tempo le punte avanzate del sistema-Paese competitivo e vincente con il resto d’Europa e del mondo – si persevera in una deriva difficilmente sostenibile.

Si potrebbero citare masse di numeri e di statistiche, ma il risultato finale non cambia: il divario tra le due Italia non solo c’è ancora, ma si allarga e sprofonda nella pericolosa palude dei residui fiscali e delle autonomie finanziarie rafforzate per le Regioni come il Veneto, la Lombardia e l’Emilia Romagna (ma siamo solo all’inizio), nel silenzio più assordante dei parlamentari meridionali. Per non parlare del ritorno delle “teorie” degli interventi differenziati per lo sviluppo locale che, in realtà, esprimono – come è sempre avvenuto – l’urgenza di prendere le distanze dai territori che drenano risorse pubbliche senza restituire crescita ed occasioni di rafforzamento della capacità di aumentare i livelli di redditività delle imprese del Nord.

Ricette magiche non se ne vedono all’orizzonte per uscire da questa situazione, ma si potrebbe/dovrebbe almeno fare fronte comune su alcuni temi centrali per il Sud (come per il resto del Paese, ma con più urgenza). A cominciare dalla realizzazione (e dalla spesa effettiva rispetto a quella programmata) di un grande piano per le infrastrutture per provare a fare ripartire gli investimenti pubblici (ed il traino di quelli privati). Se si riaccende l’edilizia, altra banalità, si movimenta sul serio anche il mercato del lavoro. Come pure la manutenzione del territorio – in presenza di gravi rischi idrogeologici e sismici – potrebbe/dovrebbe mettere tutti d’accordo, con ricadute importanti anche in questo caso su investimenti pubblici ed occupazione.

Ma come si fa a cavalcare i social e a raddoppiare i like parlando di infrastrutture, rischio sismico, investimenti di medio e lungo e periodo e, quindi, incompatibili con la campagna elettorale permanente? A scherzare con gli animal spiritis Salvini e Di Maio si sono “presi” il Governo, mica qualche Comune e qualche Regione. E per tutto il resto si vedrà. Tanto l’aumento dello spread è colpa dell’Europa . . .

Ernesto Pappalardo

direttore@salernoeconomy.it

@PappalardoE

Immagine Glocal Italia
La politica dei like
Back To Top
Cerca