L'altra notizia »
Nei primi giorni di settembre del ’43 vi era già la certezza che gli Alleati avrebbero vinto la guerra: le Nazioni dell’Asse, ossia la Germania di Hitler e il Giappone dell’Imperatore Hirohito avrebbero capitolato, era solo una questione di tempo. L’Italia del Duce Mussolini no, la guerra l’aveva persa il 10 giugno del 1940, nel momento in cui venivano consegnate le dichiarazioni di guerra alla Francia e all’Inghilterra. Un esercito male armato, una produzione bellica limitata, scarsità di materie prime e di carburante, non davano a Mussolini nessuna possibilità di vittoria, se non la speranza della Blitzkrieg (guerra lampo) dei tedeschi. A dire il vero la Marina Italiana faceva eccezione per la sua possente forza navale, e di questo se ne era accorto Churchill che si affrettò a farla dilaniare, appena all’inizio del conflitto, nel porto di Taranto, il resto lo fecero gli aerei siluranti e le sciagurate missioni tra il golfo di Mazara del Vallo e la Libia. Sempre a settembre del ’43, gli alleati, dopo aver conquistato la Sicilia, risalivano lentamente la penisola; la vittoria era in pugno non c’era motivo di sacrificare oltremodo i soldati di Sua Maestà e i Marines. Inoltre, gli Alleati erano alle prese, da mesi, alla preparazione dell’apertura del “secondo fronte” chiesto da oltre un anno da Stalin per alleggerire la forza della Wehrmacht nel territorio sovietico. In pochi sapevano, nel centro di Comando Alleato, oltre Eisenhower, che il luogo prescelto per l’invasione era la Normandia. Ora, il litorale di Salerno con le sue spiagge che da Magazzeno giungono a Paestum ricordavano molto le coste normanne, e quindi quale migliore occasione per saggiare la forza navale e lo sbarco. La notte tra 8 e 9 settembre una imponente flotta navale si dirigeva verso Salerno a bordo c’era la 5° armata dell’esercito degli Stati Uniti comandata dal tenente generale Mark Clark. Sulle navi il clima era gioioso e festoso: la radio aveva trasmesso il comunicato della resa senza condizioni dell’Italia, in pochi minuti, quella notizia aveva trasformato dei guerrieri in pacifici turisti che sognavano di trastullarsi nei bar e nelle case di tolleranza della città. Purtroppo per i nostri Liberatori la realtà che si trovarono difronte fu ben diversa; tre divisioni della 10° Armee tedesca, comandata dal tenente generale Heinrich von Vietinghoff, attaccarono e contrattaccarono per due giorni le forze alleate sbarcate con molte difficoltà. Sotto un diluvio di bombe colarono a picco navi e anche un nuovo carrarmato anfibio sperimentale, lo Sherman DD ( che avrebbe subito la stessa sorte in Normandia). – questo carrarmato è rimasto dimenticato nel ventre del mare, non distante dalle spiagge, fino a quando non venne recuperato ed ora fa bella mostra di sé in un museo del Lazio- Le fasi più cruenti dei combattimenti si ebbero tra i Comuni di Battipaglia e Pontecagnano, dove i tedeschi si insinuarono tra le forze Anglo Americane sfruttando la presenza del fiume Sele; ma anche Salerno fu teatro di tremendi combattimenti (come narra il maggiore inglese Hugh Pond, che prese parte ai combattimenti, nel suo libro “Salerno”). Nella tarda mattinata dell’undici settembre la situazione per gli Alleati era disperata, rischiavano di essere ributtati a mare, Clark pensa di far rimbarcare le truppe per una umiliante nuova Dunkirk. Proprio in quelle circostanze le sorti della battaglia si ribaltarono, i tedeschi avevano esaurito lo slancio iniziale e si arroccavano sulla difensiva, le artiglierie terresti e navali del Liberatori si erano ricompattate, grazie anche all’arrivo di notevole munizionamento. In breve tempo l’azione combinata di un bombardamento terra/mare sfiancò i tedeschi e permise alla 5° armata americana di avanzare, lentamente ma inesorabilmente. Il 19 settembre la battaglia di Salerno si era conclusa, con la vittoria Alleata e tantissime perdite per entrambi gli schieramenti. Quello che restava delle divisioni dell’Armee tedesca si ritirava seguendo le colline metelliani. Il loro obiettivo era quello di raggiungere la mia amata città di Napoli, non sapendo che di lì a poco il popolo partenopeo si sarebbe “sollevato” scrivendo ancora una volta una superba pagina della sua epopea. Ma questa è un’altra storia.