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GLOCAL di Ernesto Pappalardo »

I danni permanenti all’economia e lo scontro in atto, il “racconto” della fase che stiamo attraversando.
Ma il conto, alla fine, lo paghiamo sempre noi
La facilità con la quale ci si dilunga intorno alle misure messe in campo - trascurando sempre di valutarne a fondo il costo reale che ricade su famiglie e imprese - ci è utile per comprendere bene in quale difficile contesto politico siamo venuti a trovarci.

Il motore è stato, in qualche modo, riacceso, sebbene – come si è subito dedotto –  senza accelerazioni che, pure, da quale parte erano state sollecitate. D’altro canto, le dinamiche dell’economia, per quanto si possa guardare con “benevolenza” alle forzature o, in qualche modo, quasi giustificare l’imposizione di un passo veloce, risentono in maniera profonda di quanto appare in prospettiva. Di quanto si tenta di fare apparire o di quanto è ben chiaro non possa improvvisamente accadere. Eppure, in uno scenario che impone cautela a tutti i costi, non sono mancate sottolineature a dir poco stonate. La partita che si apre ora è particolarmente complessa, aggravata dall’eredità della fase precedente che, va detto (perché in tanti paiono improvvisamente dimenticarsene), non preludeva a niente di buono. Attualmente, al di là dei precisi confini di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna- in corsa per rafforzare le proprie interazioni economiche e produttive con il centro dell’Europa – quella parte d’Italia, cioè, che da sola costituiva (e continua a costituire) il centro dei processi espansivi (se così oggi si può ancora dire),  non è che si intravedano nuove opportunità (concrete, già pienamente operative dal punto di vista industriale) di sviluppo a breve termine. In altre parole, tutto quello che non si riesce ad esprimere con chiarezza in queste giornate riguarda proprio le condizioni generali di una larga parte dell’Italia (meridionale, ma non solo) che di fatto non possono certamente considerarsi in stretta connessione con il resto del territorio europeo e di tutto quello che è ben orientato a una veloce (più o meno) ripartenza.

E’ da queste considerazioni che bisogna prendere spunto per delineare senza infingimenti di nessun genere (a cominciare da quelli di natura politica) lo stato reale delle cose. E va detto che certamente non è soltanto con l’esercizio della facoltà di attingere risorse che – nonostante gli squilli di tromba di quanti (e non sono affatto pochi) non perdono occasione per sottolineare l’acquisizione, per così dire, di fondi disponibili (ma, comunque, in larghissima parte da restituire prima o poi) –  si delinea una prospettiva di crescita duratura e persistente. Sono sempre in tanti, invece, ad accantonare con cura questi ragionamenti che, pure, sollecitano la stesura di un vasto e serio programma all’interno del quale abbinare con precisione il costo concreto delle azioni messe in campo (descrivendole non per aree di interesse, ma per segmenti di intervento), senza alimentare, a parole, illusioni destinate a perdersi nel prosieguo di un cammino che, al momento, non appare affatto semplice o già caratterizzato da segnali di successo.

La facilità con la quale ci si dilunga intorno alle misure messe in campo – trascurando sempre di valutarne a fondo il costo reale che va ad impattare sulle procedure di restituzione di quella che resta fino alla fine una procedura di credito, nonostante le narrazioni che vengono reiteratamente propinate – ci è utile (anche) per comprendere bene in quale difficile contesto politico siamo venuti a trovarci.

Ma, intanto, di fronte al rischio di danni che già in molti hanno definito permanenti all’economia, occorre rimanere sempre molto vigili. Senza perdersi nella strada “maestra” dei mille percorsi che quotidianamente ci vengono somministrati, sapendo bene che al momento del conto in tavola dovremo, come sempre, pagare noi.

Ernesto Pappalardo

direttore@salernoeconomy.it

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