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GLOCAL di Ernesto Pappalardo »

La comparazione dei dati riferiti ai periodi pre e post crisi identifica nuovi percorsi di crescita.
Le filiere “green”? Vincenti
L’accelerazione dei processi di integrazione virtuosa agricoltura/turismo e l’orientamento del manifatturiero all’innovazione tecnologica ed all’export si segnalano come priorità per lo sviluppo della provincia di Salerno.

Da alcune settimane SalernoEconomy dedica spazio ed attenzione ai dati che emergono dal confronto tra il periodo antecedente la crisi e quello più recente, i mesi – cioè – nei quali il ciclo recessivo appare (più o meno) superato, sebbene non da tutti i settori produttivi. Perché? Perché è abbastanza chiaro – a guardare bene le cose – che siamo di fronte ad una metamorfosi del sistema economico della provincia di Salerno in pieno svolgimento. In altre parole la crisi ha picchiato duro su imprese e famiglie imponendo cambiamenti di lunga durata, destinati, cioè, a rimodellare le prospettive di crescita del territorio sulla base di un’accelerazione delle “contiguità virtuose” tra i settori dell’agricoltura e del turismo e, nello stesso tempo, di un forte orientamento ad una gestione più competitiva – e, quindi, con una maggiore pressione sui versanti dell’export e dell’innovazione tecnologica – delle aziende del manifatturiero. Va da sé che la selezione delle imprese è ancora in corso e non è del tutto chiaro quale possa essere il profilo definitivo che emergerà da qui a qualche anno dei nuovi assetti dell’economia provinciale. Molto è ancora in bilico: la maggior parte delle aziende – per così dire il tessuto mediamente diffuso delle imprese – è ancora nel momento dell’attraversamento del fiume e non sempre si ritrova in un punto facile da approcciare. Permangono le esposizioni bancarie accumulate negli anni bui ed in molti casi solo adesso si riesce a vedere la luce alla fine del tunnel. Insomma, la partita è aperta, sebbene il clima generale sia cambiato. Sebbene sia disponibile una cassetta degli attrezzi adeguata anche in termini di strumenti di politica industriale regionale che ben si integrano con quelli di natura nazionale.

L’eredità della crisi offre, in ogni caso, una “lettura” prospettica del lavoro di costruzione di un futuro meno avaro di crescita produttiva ed occupazionale che può e deve essere svolto senza indugi dalla parte pubblica e da quella privata. Non sarebbero giustificabili ulteriori ritardi, anche perché nessuno può prevedere con esattezza per quanto tempo la fase espansiva – sempre inquadrandola nella sua reale consistenza – possa effettivamente durare.

La “struttura” del modello di crescita – testato a fondo, è bene ripeterlo, in anni drammatici – è, in ogni caso, davanti ai nostri occhi. Che tipo di territorio deve diventare la provincia di Salerno per mettere a frutto le potenzialità che è in grado di esprimere? Quali asset vanno migliorati e quali criticità ridimensionate e, possibilmente, rimosse? A costo di riscoprire per l’ennesima volta l’acqua calda, è del tutto evidente che il patrimonio ambientale, culturale/artistico/archeologico si esalta sempre di più quando riesce ad integrarsi con la filiera estesa che dalle coltivazioni dei campi arriva fino alla tavola dei turisti/visitatori. Quando il territorio stesso diventa di per sé l’esperienza nella quale immergersi – compresa la devastata risorsa/mare che va assolutamente resa il più possibile fruibile – prende forma un tipo di economia dei luoghi con margini di crescita (in termini di redditività delle imprese e di ricadute in posti di lavoro) esponenziali. In questo contesto, ovviamente, può rafforzarsi un manifatturiero “green” ed export oriented – come già si evince da alcune ricerche – che investe in tecnologia innovativa ed a basso impatto ambientale e che riesce a vincere la sfida del 4.0 anche dal punto di vista della qualificazione e riqualificazione dei profili occupazionali. Stesso discorso per le costruzioni che per ripartire hanno bisogno di mettere in campo modelli di intervento legati al recupero ed all’efficientamento (non solo energetico) del patrimonio edilizio esistente, oltre che di una nuova ed intelligente stagione di realizzazione di opere pubbliche (non sempre grandi, ma anche micro a patto che siano realmente derivanti da un disegno di organico potenziamento infrastrutturale del territorio).

Resta aperta la ferita del commercio di prossimità – da inserire in un più ampio contesto di grave desertificazione urbana – che può, però, certamente agganciarsi alle dinamiche di rilancio delle strategie di attrazione dei flussi turistici. Anche se vanno stimolati dal basso percorsi di condivisione/promozione/comunicazione che in altre realtà – anche attraverso la realizzazione di marchi di qualità – hanno dato buoni risultati. Sempre, però, in una cornice pienamente operativa di collaborazione pubblico/privato. Ed è proprio sulla capacità dei singoli territori di individuare “format” funzionali al necessario cambio di passo – soprattutto nella fase espansiva e, quindi, da cogliere senza esitazioni o ritardi – che si gioca un passaggio sostanziale per ridurre in maniera non effimera il divario con le altre aree del Paese e dell’Europa. Senza facili entusiasmi – e strumentalità propagandistiche della politica – da un lato (pubblico), e senza sterili lamentazioni dall’altro (privato).

Ernesto Pappalardo

direttore@salernoeconomy.it

@PappalardoE

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