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Molti studi confermano autorevolmente il cosiddetto “danno psicologico” derivante dalla lunga crisi.
Le famiglie? Troppo stress (finanziario)
Continua a prevalere un atteggiamento prudenziale. Non bisogna perdere di vista il parametro della relativizzazione del dato provinciale del reddito disponibile: la distanza rispetto alla media nazionale (18.690 euro) è di oltre 5.200 euro.

Questo articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) venerdì 23 febbraio 2018.

di Paolo Coccorese e Ernesto Pappalardo

L’onda lunga della grande crisi non sempre si materializza in termini di indicatori concretamente rilevabili. Che cosa significa? Molti studi confermano autorevolmente il cosiddetto “danno psicologico” derivante da un prolungato stress economico e finanziario a sua volta generato da un ciclo recessivo così lungo come quello che appare – più o meno – alle nostre spalle. L’aumento del reddito pro capite disponibile su base annua (2015/2016) in provincia di Salerno da 13.108 a 13.406 euro (+298 euro, pari al +2,3%) si intreccia con una crescita modesta del credito al consumo erogato in media a una famiglia (+85 euro, corrispondenti al +2%). Come si spiega? E’ evidente che continua a prevalere un atteggiamento prudenziale, per la verità risalente a ben prima della crisi. Un atteggiamento uscito, sulla base di buone ragioni, rafforzato dagli anni bui. Anche perché non bisogna mai perdere di vista il parametro della relativizzazione del dato provinciale del reddito disponibile: la distanza rispetto alla media nazionale (18.690 euro) è di oltre 5.200 euro. Basta riflettere su questo aspetto per rendersi conto che – con tutti gli sforzi messi in campo e con una serie di obiettivi non secondari a portata di mano – la situazione nel suo complesso resta difficile. E’ chiaro, quindi, che pur aumentando le entrate – e la tendenza con il segno più è sicuramente un elemento di grande spinta a ritrovare la fiducia – permane il freno psicologico ad “archiviare” le difficoltà vissute dalla maggior parte delle famiglie. Anche da quelle che non avrebbero alcun motivo di “raffreddare” la spesa. E’ su questo aspetto che bisogna concentrare l’attenzione per comprendere a fondo le ragioni di una mancata piena ripartenza dei consumi e, nello stesso tempo, affrontare senza infingimenti il ragionamento su un numero significativo di nuclei familiari che non hanno più lo stesso tenore di vita che avevano prima del 2008. La discesa nella scala del reddito non è stata ancora attutita (meno che meno recuperata, per fare questo ci vorrà molto più tempo e chissà se l’operazione andrà in porto).

Restano, poi, le dinamiche di lungo periodo che continuano a caratterizzare la “personalità” finanziaria delle famiglie salernitane. Anche in presenza di disponibilità economiche, la leva del credito – non solo di quello al consumo – nella nostra provincia non è stata mai “inflazionata”. La preferenza è stata sempre accordata ad investimenti, per così dire, strutturali: beni immobili, in prevalenza case o, in minore misura, pertinenze abitative. E’ una costante che emerge da varie analisi condotte nel corso dei decenni scorsi, non solo degli ultimi anni.

Bisogna, quindi, mettere insieme questi diversi aspetti per arrivare alla conclusione che, sebbene la ripartenza sia in fase di decollo, la redistribuzione degli effetti positivi – ancora in fase embrionale – non è destinata a manifestarsi in maniera generalizzata. E per la fascia più ampia di famiglie in difficoltà (fascia sensibilmente dilatatasi nel corso della recessione) non è affatto semplice “agganciarsi” ad un trend di crescita. Su di loro andrebbero concentrate le maggiori attenzioni, ma la complessità della situazione – in un territorio comunque alle prese con una vera e propria crisi di identità dal punto di vista dei modelli di sviluppo – non autorizza facili ottimismi.

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