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GLOCAL di Ernesto Pappalardo »

In provincia di Salerno il tasso di occupazione giovanile è fermo al 12% (media nazionale al 17,7%).
Lavoro, domanda e offerta? Dialogo tra sordi
Ma dove pubblico e privato dialogano tra di loro - filiera istituzionale, scuola/Università, imprese - i risultati arrivano (ed anche in Campania in alcuni casi succede).

Questo articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (ed. Salerno) mercoledì 1° maggio 2019.

Le percentuali, le dinamiche diacroniche (riferite non solo al prima e al dopo della grande crisi recessiva) ci dicono che in provincia di Salerno, come in larghissima parte del Mezzogiorno, siamo in una fase emergenziale. Il tasso di disoccupazione totale nel 2018 (fonte Istat) è risultato pari al 15% (media Italia 10,6%). Il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) si è attestato al 42,6% (media Italia 32,2%). Sul versante dell’occupazione il tasso totale è stato pari al 36,8% (media Italia: 44,6%). Il tasso di occupazione giovanile è fermo al 12% – ma era al 14% nel 2012 – con la media nazionale al 17,7%. Occorre, inoltre, notare che il tasso totale di occupazione (36,8%) nel 2018 è rimasto sostanzialmente simile a quello del 2012: 36,4%.

Inutile andare a raccontare a quanti non lavorano o hanno perso il lavoro che Salerno sfoggia numeri migliori rispetto ai tassi (occupazione e disoccupazione) espressi complessivamente dalla Campania. Il punto vero è un altro. Che cosa i vari attori del territorio sono riusciti a produrre concretamente per invertire la tendenza?

Se andiamo a vedere quanto realizzato in altri territori – anche con un quadro certamente meno grave del nostro – scopriamo soprattutto una comune volontà di interagire tra i diversi soggetti in campo. Insomma, dove pubblico e privato hanno dialogato tra di loro – filiera istituzionale, scuola/Università, imprese – i risultati sono puntualmente arrivati (ed anche in Campania in alcuni casi è successo).

Prendiamo per esempio lo strumento – già segnalato dal Mattino di Salerno lo scorso 11 gennaio – che si è rivelato molto efficace in termini di placement: gli Istituti Tecnici Superiori (Its): la prima esperienza italiana di offerta formativa terziaria professionalizzante secondo un sistema pienamente operativo da alcuni anni anche in altri Paesi europei. In Campania risultano attivi 9 istituti di questa tipologia (monitoraggio della Banca Dati Nazionale Its Indire/Miur, settembre 2018), ma nessuno – al momento –  ha la sede principale in provincia di Salerno. La probabile replica – sono istituti di riferimento al di là delle singole aree provinciali nelle quali sono localizzati e ad essi afferiscono alcune scuole ed altri soggetti territoriali della provincia di Salerno – non convince affatto sul piano del metodo. Perché gli Its sono realizzati secondo il modello della “Fondazione di partecipazione” sulla base della collaborazione tra imprese, Università/centri di ricerca scientifica e tecnologica, enti locali, sistema scolastico e formativo. In altre parole, sono/dovrebbero essere il “format” più adatto per mettere insieme tutti gli attori del “sapere” e del “saper fare” allo scopo di creare un raccordo diretto ed operativo tra circuito formativo e mondo produttivo locale.

Evidentemente questo approccio metodologico è un po’ più “difficile” in provincia di Salerno dove i “protagonismi” continuano sciaguratamente a imperare. Un’emergenza nell’emergenza che non induce, pur volendo, ad essere ottimisti, sebbene si ravvisi una consapevolezza diffusa della necessità di dare sbocco pratico alla “filosofia” delle competenze “taylor made”, a misura cioè delle esigenze derivanti dalle vocazioni territoriali (nel nostro caso: agroalimentare e turismo in primo luogo).

Se riuscissimo a fermare anche poche decine di “ragazzi con la valigia” mettendo insieme profili professionali ed imprese, potremmo non dico festeggiare il 1° maggio, ma, se non altro, provare a guardare i giovani salernitani negli occhi con meno ipocrisia.

 

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