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GLOCAL di Ernesto Pappalardo »

L’occasione del 1° maggio, le diverse problematiche irrisolte e le prospettive di rinascita dei territori.
La “teatralità” delle forze in campo
La politica non si ferma, continua lo scontro tra gli schieramenti contrapposti che, pur dichiarando attenzione per gli interlocutori (avversari), alla fine non si preoccupano di altro che di rinforzare la propria “trincea”.

In questi giorni la riflessione generale si accanisce sulla tempistica della riapertura, della ripartenza effettiva e tende a dimenticare (o, in ogni caso, a ridimensionare) la questione centrale, che – è appena il caso di ricordarlo – riguarda la tutela della nostra salute. Capita così di ritrovarsi di fronte a una serie di problematiche complesse, mentre non si  riesce ad affrontare – così spesso appare – nel migliore dei modi la difficile evidenza che abbiamo sotto gli occhi. Per esempio: siamo in qualche modo sicuri di non correre gravi rischi “clinici” e, nello stesso tempo, sociali? Siamo, cioè, in condizioni di rendere effettivamente residuale l’eventualità di una nuova evoluzione diffusa dell’epidemia? Naturalmente no. Ma si tende, in ogni caso, a mettere in campo tutto quanto necessario per la “ripartenza” dell’economia, anche contemplando dati analitici non proprio rassicuranti. Ovviamente è una situazione che tende ad accogliere gli allarmi – giustificati – di tutti gli attori del mondo economico, all’interno del quale ha preso corpo la consapevolezza del più che complicato scenario delineatosi.

Stessa impostazione – ma con tonalità ben più ricalcate – in termini politici, a tutti i livelli, con non poche “coincidenze” che senza dubbio aggravano (e non alleggeriscono) il contesto. Basti pensare alla data delle elezioni regionali per comprendere bene il delicato quadro di riferimento nel quale ci muoviamo (e continueremo ancora a muoverci). È non poco difficile dovere constatare che proprio la politica ci offre il riferimento più evidente di come in ogni circostanza si corra il rischio di vedere strumentalizzate azioni, decisioni, eventi. Di come, cioè, si rafforzi, in qualche modo, la teatralità delle forze in campo.

Insomma, in questo contesto non si ravvisano parti in causa distanziate da “logiche” non auto-referenziali, se non quelle addensate difensivamente in una condizione di evidente difficoltà sia economica che sociale. Si tratta, è bene sottolinearlo, delle parti più numerose e svantaggiate.

In queste giorni – oggi è venerdì 1° maggio, festa del lavoro – la riflessione è sempre (almeno in apparenza) ampia, larga, generale. Eppure si ha la sensazione che le singoli parti (con una netta predominanza di quelle che sembrano le più forti), pur declamando con attenzione l’interesse principale per l’interlocutore, alla fine non si preoccupino di altro che di rinforzare la propria “trincea”. Con la solita “furbizia” di mostrarla sempre sguarnita o necessariamente in attesa di ragionevoli e indispensabili sostegni. Tutta la relazionalità, la capacità, cioè, di mantenere in piedi rapporti e equilibri per così dire favorevoli alla comunità nel suo complesso, sembra vibrare intensamente, facendo affiorare divergenze in base a interessi diversi.

Il dubbio di fondo, a questo punto, è proprio riferito alla relazionalità: riusciranno l’Italia, l’Europa, a rendere possibile il riavvio sostanziale del più autentico e corretto percorso di rilancio e di crescita, tenendo nel dovuto conto, ogni parte di popolazione, a cominciare da quella che si ritrova nel lavoro?

Ernesto Pappalardo

direttore@salernoeconomy.it

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