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GLOCAL di Ernesto Pappalardo »

L’involuzione dei processi relazionali che si esprimono continuamente, quasi sempre senza controllo.
La strada dominante? Il “racconto” prevalente dei social
Avere a portata di dita la banchina dove posizionarsi, dove rappresentare tutto quello che ci può riguardare (o, meglio ancora, non riguardare) ha innescato innumerevoli sceneggiature di cose semplicemente non accadute o non accadenti, ma, sempre, reali.

E’ molto probabile che tra i più profondi mutamenti di questi ultimi due/tre anni vada inserito il notevole “riposizionamento” che è stato di fatto operato rispetto al “profilo pubblico” delle diverse “personalità” che, pure, affollano panorami e gallerie della dimensione “comunicativa” più nota e affermata in questo momento, quella dei social, ovviamente. In effetti, abbiamo assistito a un percorso di accrescimento costante – in qualche modo quotidiano – del “peso” determinante di quanto si scatena su queste catene di trasmissione porta a porta non solo in termini di diffusione di notizie, che pure assumono maggior peso e rilevanza (nel bene e nel male viene da dire), ma, soprattutto, dal punto di vista della navigazione a vista di interpretazioni e opinioni di quanto accade (o non accade, bisogna riflettere anche su questo aspetto). Risulta davvero difficile non prendere cognizione dell’evolversi, anche in senso riduttivo (succede non poche volte), della massa di informazioni o commenti, interpretazioni, dichiarazioni, liti, scontri, battute e quanto altro è possibile veicolare (foto e immagini comprese).

Ma, poi, prende forma una domanda apparentemente superficiale, in ogni caso sempre prevalente, in fin dei conti: perché mai seguire contorte, e spesso volgari e inutili, fasi di una “lotta” che si pone quasi sempre un solo obiettivo: raccogliere un pieno (ma anche non pieno) consenso attraverso il rafforzamento della propria presenza in rete, parlando, discutendo, litigando, offendendo, attaccando, difendendosi, ma, prioritariamente, affermando la relazionalità – positiva, negativa, neutra –  della propria persona o di quanto essa arriva a rappresentare (o, come sempre, a non rappresentare).

L’imposizione – perché di questo si tratta, ovviamente – del proprio profilo, dei propri interessi, delle proprie insensatezze, dei propri obiettivi, è diventata, quindi, la strada maestra per trasformare il racconto in storia personale tendente ad aggregare consenso, in ogni caso. Anche attraverso il rifiuto – apparente, quasi sempre – del consenso vero e proprio.

Avere a portata di dita la banchina dove posizionarsi, dove rappresentare tutto quello che ci può riguardare (o, meglio ancora, non riguardare) ha innescato – e, purtroppo, continuerà sempre più a innescare – innumerevoli sceneggiature di cose semplicemente non accadute o non accadenti, ma, sempre, reali, perché trasmesse in una prospettiva così prevalente nella vita quotidiana di tutti. A prescindere di chi siano realmente (o immaginariamente) queste stesse vite.

E’ effettivamente difficile – se non impossibile – rimettere al centro delle cose, attraverso le autostrade mutimediali, una parola semplice, ma fondamentale: la realtà/verità. Se solo riuscissimo a rimanere dentro questo contesto, apparirebbe tutto più “semplice”.

Ma forse è proprio dalla realtà/verità che siamo tutti già fuggiti, senza sapere bene dove andare.

Ernesto Pappalardo

direttore@salernoeconomy.it

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