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GLOCAL di Ernesto Pappalardo »

Tv, radio, giornali, internet “spingono” sul tema della guerra, ma nessuno - anche tra gli “esperti” - può dire di conoscere la realtà.
La sindrome del protagonista, il “tic” più diffuso
La più attuale composizione della “platea” non ammette eccessive differenziazioni. Tutti, in fondo, siamo già diventati una nuova “categoria” del sociale, forse non la più ricercata, ma il “dibattito” continuo miete, sempre, nuovi aggregati.

Di fronte alle immagini, ai suoni, ai racconti, alle testimonianze che ci raggiungono, quotidianamente, dall’Ucraina, abbiamo, ormai, nel corso dei giorni, elaborato una risposta rispetto a quello che non possiamo che definire un massacro inspiegabile, continuo, inarrestabile, eppure “utilizzato”, se così si può dire, da una marea di vari soggetti, in qualche modo, pronti a intervenire per comunicare a noi tutti la loro opinione, la loro interpretazione, la loro “lettura” non solo dei fatti, ma anche dei “non fatti”. Difficile comprendere fino in fondo cosa realmente “governa” e “indirizza” questo meccanismo che pare si sia messo in piedi “automaticamente”, senza dare conto a nessuno, non nel senso delle regole “infrante”, ma delle presunte posizioni “politiche”, degli “schieramenti” che, pure, non mancano, anche se –  a ben vedere – la confusione e le contraddizioni appaiono tali, che tutto sembra davvero in preda a una più “comprensibile” ansia mediatica, agganciata a varie sindromi di protagonismo “a tutti i costi”. Insomma, è anche difficile tentare di descrivere bene come si stia comportando l’apparato info/comunicativo al massimo della sua azione di fronte a un evento primariamente tragico, che coinvolge centinaia di migliaia, milioni di persone.

Che cosa arriva a noi? Una “sequenza di fatti” e basta? Oppure il “racconto” che si articola è sempre (quasi sempre?) attento a registrare novità, non solo sui fatti ma anche sulle “opinioni”, nel senso che non è detto che agli eventi descritti seguano “interpretazioni” oggettivamente contestualizzate, non “distanti” e, magari, “coerenti” con quello che abbiamo ascoltato o visto.

Il “bersaglio” finale del racconto televisivo, ma anche radiofonico e cartaceo, è sempre lo stesso: noi, utenti dei mezzi di ascolto o fruitori dei giornali o di internet, che vogliamo farci un’idea oppure tentiamo di confermare una nostra ipotesi interpretativa sulla base di quanto descritto da questo o da quello.

Ma, al di là dei “non pochi” che hanno “sempre” e “comunque” una chiave interpretativa personale – “destinata”, però, ad essere “condivisa da tutti” (o quasi tutti) – vale la pena insistere su un elemento che forse è importante: in verità, è molto complicato avere la conoscenza adeguata e “confermata” di tutti quegli elementi che, pure, sono indispensabili per formarsi un’opinione giustamente poggiata su fatti e circostanze precise, non su altro.

Ovvio che questa impostazione non sia fluidamente applicabile alla situazione che abbiamo di fronte, ma la “sindrome del protagonismo”- per l’utenza più massiccia e diffusa (e cioè noi) e per i veri referenti del circuito info/comunicativo – non ammette eccessive differenziazioni: in fondo, siamo già diventati una nuova “categoria” del sociale, forse non la più  ricercata: e non è troppo presto per avanzare critiche e perplessità.

Ernesto Pappalardo

direttore@salernoeconomy.it

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L'incertezza delle notizie
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