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Dopo avere preso atto che il nuovo Governo vuole rompere gli schemi più o meno consolidati in ambito Ue.
La sfida di Tria, l’utopia del mondo a tre zeri
Il ministro dell’Economia ci mette ancora una volta la sua faccia. Nel caso non arrivasse in porto, potrebbe ritrovarsi in compagnia della Fornero, ponendosi, magari, la stessa domanda: ma chi ha paura veramente delle riforme?

di Pasquale Persico*

La manovra delineata dal Governo negli ultimi giorni non può essere liquidata inquadrandola semplicemente come una sfida all’Unione Europea, né alimentando una strategia della paura rispetto alle dinamiche del debito pubblico. Proviamo perciò a seguire il ragionamento del ministro Tria da lui stesso illustrato in un’intervista al Sole 24 Ore. La “separazione” a livello disciplinare tra economia e politica dura – sulla carta – ormai  da qualche tempo, ma il Ministro prende atto che il nuovo Governo desidera rompere gli schemi più o meno consolidati in ambito Ue e tentare una strada nuova rispetto all’intollerabile quota di impoverimento di una parte della popolazione residente e non residente, spesso ospite indesiderata (ma, va ricordato, per tanti versi necessaria).

Il ministro Tria rimane fermo sull’obbligo morale di fare diminuire il debito in tre anni, obiettivo mai perseguito da altri Governi nell’ultimo trentennio e prospetta –  accanto ai temi della redistribuzione – un impegno ragionevole sul fronte degli investimenti pubblici nella loro valenza di attrattori di altri investimenti (nella speranza che il nuovo tasso di accumulazione trascini una crescita del reddito già nel 2019 intorno all’1,9%).

Chi sono i suoi colleghi economisti illustri che lo supportano in questa sua progettualità, senza menzionare i viventi italiani che possono apparire sempre di parte?

In primo luogo Malthus che – oltre ad apparire in linea con Salvini nel limitare la crescita della popolazione residente specie se straniera, altrimenti (ritiene) aumenterebbe pure la povertà – avrebbe accolto con piacere l’idea di fare lievitare la domanda interna di consumo in conseguenza del salario di cittadinanza; un humus certamente non decisivo ma che pare accompagnare le nuove aspettative sui futuri investimenti. L’altro illustre economista che mi viene in mente è Kaldor che nel perimetro della funzione di consumo oltre ad indicare il reddito permanente disponibile introduce la distribuzione del reddito come variabile importante.

Ma il vero supporter di Tria, questa volta vivente – e premio Nobel per l’economia – è Muhammad Yunus che chiede la rottura immediata degli schemi perché gli squilibri sono intollerabili: un mondo a tre zeri è auspicabile se rimuoviamo la sfiducia di tante componenti sociali che sono emarginati dall’economia. Zero povertà, zero disoccupazione e zero inquinamento sono il vero divario tra i pensieri della politica ed i risultati economici. Nei tre casi la fiducia nelle ricette degli economisti e dei politici è scarsa.

Tria sembra invocare una maggiore mitezza di politici ed economisti che operano negli organismi Ue rispetto a questo nuovo approccio ritenuto necessario e non superabile senza rompere gli equilibri del Governo italiano. Ci mette ancora una volta la sua faccia e non sembra avere paura della moltiplicazione delle cassandre di turno, segue con tranquillità il suo schema e, nel caso non arrivasse in porto, potrebbe ritrovarsi un pensionato “gemello” della Fornero, ponendosi, magari, la stessa domanda: ma chi ha paura veramente delle riforme?

* Economista

Foto Pasquale Persico
Pasquale Persico
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