BES »
Questo articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) domenica 1°aprile 2018.
di Paolo Coccorese e Ernesto Pappalardo
La buona notizia è che il valore aggiunto espresso dal sistema economico e produttivo salernitano – almeno quello calcolato a prezzi correnti e, quindi, senza depurare i dati dall’inflazione – è ritornato ai livelli pre-crisi. Anche se in base ai dati ufficiali Istat (riferiti al 2015) mancano ancora 27 milioni di euro per riallinearsi allo stesso indicatore del 2007. In ogni caso va evidenziato che l’ultima rilevazione Istat segnala che il nostro territorio ha prodotto nel 2015 17 miliardi e 401 milioni, con +429 milioni rispetto al 2014. In altre parole, l’uscita dal ciclo recessivo – se si considerano i numeri inerenti al totale dei comparti – è abbastanza definita, anche perché bisogna tenere conto del positivo trend del Pil a livello regionale del 2016.
Ma basta dare un’occhiata alla “geografia” dei singoli settori per rendersi conto di un quadro disomogeneo, a conferma dell’intensità della crisi e, soprattutto, delle difficoltà incontrate (e ancora ben evidenti) per mettere a punto una risposta efficace in termini di strategia territoriale e di modelli di sviluppo efficaci e sostenibili. Strategie che appaiono – o, almeno, si percepiscono – ancora non in “sintonia” con il quadro evolutivo dell’effettiva situazione che si è venuta a determinare. Che cosa significa? Che molto probabilmente la nuova tipologia vincente della filiera agricoltura/agrindustria-turismo/turismi avrebbe (ha) bisogno di un ridisegno complessivo delle politiche di sostegno ed accompagnamento allo sviluppo sulla base di una piena integrazione delle progettualità (e dei fondi indispensabili a renderle realistiche e concrete) tra i comparti contigui e dialoganti. Mentre, nello stesso tempo, il manifatturiero in senso stretto e le costruzioni andrebbero più marcatamente orientate nelle direzioni “green” ed “export”, in maniera coerente con l’urgenza di rendere l’impatto ambientale sempre più rarefatto e sostenibile. Non è una sfida di poco conto, ma l’unica che – numeri alla mano – non si può non tentare di vincere in uno scenario nazionale ed internazionale dove la “doppia velocità” dei territori (Nord/Sud) è un dato acquisito e consolidato.
Resta da chiedersi quale sarà la velocità di adeguamento del pubblico rispetto alla nuova fisionomia – ed alle nuove dinamiche consolidate – del sistema produttivo che senza dubbio invita a tenere in maggiore considerazione due comparti – agricoltura e turismo – che confermano di avere prospettive più ampie di crescita in termini di produzione di ricchezza e di occupazione.
La crisi del manifatturiero.
A risentire maggiormente della lunga recessione è stata senza dubbio l’industria manifatturiera in senso stretto, che nel periodo 2007/2015 ha perso qualcosa come 449 milioni di euro (-21%) di valore aggiunto (è bene ripetere: a prezzi correnti). Subito dopo in questa “graduatoria” dei settori più penalizzati si collocano le costruzioni, che nell’analogo lasso di tempo hanno lasciato per strada 70 milioni di euro (-6,4%). Ma va anche detto che, se restringiamo l’analisi alle variazioni 2014-2015, l’industria manifatturiera in senso stretto recupera 69 milioni di euro (+4,3%) e le costruzioni – per l’effetto/trascinamento dovuto all’accelerazione della spesa pubblica a valere sui fondi Ue (e, quindi, non per una dinamica diffusa, sia ben chiaro) – 92 milioni di euro (+9,9%).
Agricoltura/turismo, spalla forte del sistema economico locale.
Ma, per fortuna, non ci troviamo di fronte soltanto a note negative. Agricoltura e servizi (con netta prevalenza del segmento/turismo inteso nella sua valenza più estesa), pur soffrendo, hanno tenuto in piedi l’economia salernitana anche nel periodo più buio. I numeri lo attestano in maniera netta. Il settore dei servizi – evidentemente influenzato dalla filiera alloggio+ristorazione – tra il 2007 ed il 2015 ha guadagnato 466 milioni (+3,6%). E se scorporiamo, appunto, il segmento che include alloggio e ristorazione l’aumento di valore aggiunto lievita fino 1 miliardo e 117 milioni (+36,1%). A confermare questa linea di tendenza si aggiunge il dato riferito al sotto-settore che include le attività artistiche, di intrattenimento e di divertimento, che sono lievitate di 29 milioni (+3,6%).
Il breve periodo (2014-2015).
Il cambio di marcia, che include tutti gli spicchi della torta generale del valore aggiunto, è ben datato e si configura nel passaggio temporale dal 2014 al 2015. In questo periodo l’agricoltura ha realizzato un incremento di 26 milioni di euro (+3,3%); il manifatturiero (totale) di 181 milioni (+6,2%); i servizi di 222 milioni (+1,7%). In questo modo si arriva ad un +429 milioni che si traducono in un valore aggiunto cresciuto del +2,5%.
La spinta del turismo.
Se scendiamo nel dettaglio dei sotto-settori è ancora più limpida la spinta della filiera turismo-ristorazione-tempo libero. In un solo anno – 2014/2015 appunto – nell’ambito del comparto dei servizi che comprende anche “Alloggio e Ristorazione” si è verificato un balzo di 170 milioni (+4,2%). Occorre considerare le gravi difficoltà del circuito del commercio – soprattutto di quello di prossimità – e, quindi, è plausibile ricondurre alla filiera dell’accoglienza (alberghiera ed extra alberghiera) i numeri del ciclo positivo. Sulla stessa scia si colloca il dato delle attività artistiche, di intrattenimento e divertimento, che negli stessi dodici mesi (2014/2015) fa segnare una crescita di 36 milioni di euro (+4,6%).
I riflessi sull’occupazione.
I saldi netti relativi al numero degli occupati rappresentano la cartina di tornasole per comprendere bene la portata della bufera che si è abbattuta sul modello produttivo della provincia di Salerno tra il 2007 ed il 2015. L’agricoltura è riuscita a creare in questo periodo 2.000 occupati in più. Come? Resistendo tra il 2007 ed il 2014 e accelerando tra il 2014 ed il 2015. Il manifatturiero nel suo complesso accusa una perdita di 22mila occupati: dai 90mila del 2007 è passato ai 68mila del 2015. Se si scende nello specifico del totale delle industrie il saldo è negativo per 10mila unità (da 54 a 44mila) e solo nelle costruzioni sono andati in fumo 12mila posti di lavoro (si è passati da 36 a 20mila tra il 2007 ed il 2014, con una risalita da 20 a 25mila unità tra il 2014 ed il 2015, dinamica sostenuta, come si accennava sopra, in maniera preponderante dall’accelerazione della spesa dei fondi Ue). L’altro settore – oltre l’agricoltura – che ha recuperato e superato i livelli occupazionali pre-crisi è quello dei servizi, che nel suo complesso arriva a 248mila addetti (rispetto ai 247mila del 2007): 1.000 in più, quindi, ma con una forte propulsione tra il 2014 ed il 2015, periodo nel quale si registrano 5.000 occupati in più (da 243mila a 248mila).
Va detto che nel sotto-settore dei servizi che considera commercio, alberghi e ristoranti il saldo è ancora molto negativo, registrando una perdita di 14mila occupati (da 95 a 81mila addetti) pur con un trend di 1.000 posti in più (da 80 a 81mila) tra il 2014 ed il 2015. La crescita è, invece, ben delineata nell’ambito “altre attività dei servizi”: da 152 a 167mila occupati (2007/2014) con 4.000 addetti in più tra il 2014 ed il 2015. E’ immaginabile che l’aumento di occupati sia ascrivibile principalmente alla filiera estesa dell’ospitalità e dell’accoglienza extra-alberghiera che ha caratterizzato con tassi a doppia cifra (se non tripla) la ripresa del turismo.
Occupazione/disoccupazione.
Le persone in cerca di occupazione – sempre nel periodo preso in esame (2007/2015) – sono passate da 45 a 67mila unità (con il picco di 69 mila nel 2014). Il tasso di occupazione (ovvero il rapporto tra occupati e popolazione di 15 anni o più) si è attestato al 35,5% nel 2015, mentre era del 38,8% nel 2007 (anche in questo caso il picco negativo risale al 2014: 34,7%). Il tasso medio di disoccupazione provinciale nel 2015 è stato del 16,6%, in crescita di oltre 5 punti percentuali rispetto al 2007 (11,3%), sebbene in calo di un punto rispetto a quello del 2014 (17,5%).
Nuove "geografie" produttive