GLOCAL di Ernesto Pappalardo »
E’ proprio nel mese di dicembre, di ogni anno, che prevale il fatale interesse del circuito giornalistico, non solo italiano (va detto), a tirare le somme, a fare valutazioni, a cercare di dare l’impressione che, tutto sommato, che proprio il giornalismo non solo è stato capace di raccontare il mondo, ma in fondo, lo ha salvato, lo ha bene indirizzato, lo ha tenuto in piedi perché è stato in grado di fargli tenere gli occhi bene aperti. Insomma, se siamo a qui ad aspettare il 2025, è merito del giornalismo. Non di altro. Ecco la verità. E anche quest’anno, con due guerre che restano in corso e nessuno se ne vergogna (nessuno), ci si prepara ad andare avanti, ad affrontare quello che verrà, facendo finta che le cose, anche alla luce di quanto accade nel resto dell’Europa, con due nazioni storicamente leader – come Francia e Germania – in netta difficoltà non soltanto politica ma soprattutto economica – non vanno così male (a parte i 3.000 miliardi di debito made in Italy e non solo). Anzi, proprio qui al Sud, ci spiegano autorevoli esperti ed osservatori, procediamo molto meglio di tante altre aree del Paese e ci siamo messi alle spalle anche la riforma dell’Autonomia differenziata che appariva come un confine particolarmente difficile da affrontare. Insomma, ci siamo anche noi e abbiamo competenze di rilievo nel perimetro Ue, come sottolinea la presidente von der Leyen. Il melonismo prova a riflettere e ci apprestiamo ad affrontare la nuova pagina del 2025 con fiato più lungo. Le distanze tra il centrismo di destra (non più e non solo la destra che, pure, si riafferma quotidianamente, ma appare più sicuro e tranquillo di qualche mese fa) e tutto quello che insegue il vero e più autentico mito della sinistra, permangono, anche percentualmente, dove si sono collocate da diversi mesi. Sì, è prevedibile anche la battaglia politica nel 2025 – anzi, è quasi l’unica certezza che resta – ma sono tanti gli interrogativi che sorgono se pensiamo anche a quale tipo di politica ci attende. Perché il vero motivo alla base di un chiaro e lucido processo depressivo che dovremo affrontare, si basa proprio su questo panorama che si delinea davanti a noi. Per dirla tutta, senza eccessive divagazioni nel mondo che verrà: ma siamo sicuri che è la politica (con un bacino sempre più ristretto di votanti) che davvero ci interessa e ci motiva? O è la politica che, invece, è diventata un terreno che inganna e prende in giro? Che ci fa guardare al mondo che circonda come uno scenario da cui prendere le distanze con le forze che siamo in grado di attivare da soli, senza nessun genere di sostegno al di fuori delle nostre buone relazioni personali? E’ il caso di dire che la politica, ormai, è il “comparto” che non attira (quasi) più nessuno. Il mondo è riuscito a prendere le distanze, scoprendo che esistono le competenze, le specifiche caratteristiche che devono per forza emergere, ritrovarsi un posto in quello che si configura come il contesto delle cose che cambiano. E sopravvivono. Forse lo scoprirà pure la politica che voleva cambiare il mondo e, invece, ha cambiato, in peggio, se stessa per riuscire a sopravvivere.
Ernesto Pappalardo
![Foto punto interrogativo-question-mark-1872634_960_720](https://www.salernoeconomy.it/wp-content/uploads/2022/03/Foto-punto-interrogativo-question-mark-1872634_960_720.jpg)
E si va avanti