GLOCAL di Ernesto Pappalardo »
La politica al tempo del coronavirus pare, per quanto possibile, “perdersi”, mentre, invece – sebbene con maggiore attenzione a non alimentare l’immagine negativa di un mondo permanentemente alle prese con i soliti “problemi” di affermazione (o riaffermazione) della “supremazia” del partito di appartenenza (o, più semplicemente, del proprio seguito personale) – continua a “correre” e a inseguire lo scopo di sempre: la conquista (o il mantenimento) delle postazioni più “comode” e più disponibili per governare ogni cosa. Dai Comuni alle Regioni, al Governo o alle Province. Insomma, la “partita” è sempre in corso e non si ferma. Diventa, forse, più complicata, ma si “lavora” in ogni caso, “anche se – si lascia sfuggire una voce ben addentro alle vicende dei partiti qui in Campania – è veramente difficile mettere insieme e mantenere una forma di maggioranza capace di reggere le urne e, nello stesso tempo, fare fronte a tutti i problemi che si susseguono in questo periodo”. Insomma, la partita non è per niente semplice e si accavallano tante “sequenze” dentro le quali essere presenti con la massima attenzione.
Prendono forma, quindi, ipotesi (anche suggestioni) di “revisione” delle candidature – per il voto alle regionali, per esempio – che si intrecciano con il giro di notizie relativo alle forze in campo. Una sola certezza: nessuno molla di un centimetro le posizioni acquisite – a destra, sinistra e centro – e guarda alle “novità” sempre con grande freddezza, provando a smontarle subito. Siamo, per essere chiari, in una fase dove si intrecciano le relazioni tra gli assetti nazionali dei partiti e “quello” che, intanto, ha preso forma e si è più o meno sviluppato sui territori in questi ultimi anni. E non sempre da Roma si guarda positivamente a quanto è successo e ai leader che si sono affermati o riaffermati. Insomma, Roma in questo momento – con tante buone ragioni, a cominciare dalla difficoltà della situazione complessiva del Paese che si trova purtroppo immerso nel coronavirus – prova a verificare “lo stato delle cose”, regione per regione, e si rende conto che non può influire più di tanto su quanto si è di fatto palesato fino a questo momento, anche se le forze in campo – le vecchie e nuove contrapposizioni che percorrono come sempre anche ogni singolo partito – non escludono affatto di portare avanti i loro disegni, le loro “nuove idee”.
Ci troviamo, quindi, di fronte ad un contesto che si “rallenta” da solo: si mette in discussione anche la stessa data, per esempio, delle elezioni regionali, mentre prendono forma (o non prendono forma) candidature che non sembrano attendere ulteriori conferme dai partiti centrali o che puntano, invece, proprio sulla volontà degli organismi e dei singoli leader nazionali di “cambiare passo”.
Restano, quindi, dubbi e “riflessioni che stiamo facendo” che si inseguono e stimolano tante ipotesi che, alla fine, è molto probabile restino tali. Ma è anche il segnale che la politica – anche quella più ancorata ai meccanismi del passato – ha ben compreso che il tempo delle decisioni prese nel chiuso delle stanze senza tenere conto del mondo che gira intorno (ma solo di ambizioni e di blocchi di potere mai pronti ad arrendersi) si sta, sebbene lentamente, allontanando.
Ernesto Pappalardo
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