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GLOCAL di Ernesto Pappalardo »

Non raccolti giudizi e valutazioni che, pure, viaggiavano precisi fino a raggiungere partiti e movimenti politici.
La lezione è difficile da digerire, ma la sconfitta è dominante
La domanda è semplice: ma i perdenti, così nettamente, ci hanno riflettuto bene sul perché non sono stati capaci di coordinarsi con la volontà reale e dirompente di cambiamento che pure è risultata così lampante?

“Bisogna essere servi delle circostanze”, (Marco Tullio Cicerone). Questo principio, se così possiamo dire, è, in realtà, divenuto un preciso riferimento non tanto letterario o comportamentale, ma, in qualche modo, politico. Se diamo uno sguardo agli accadimenti degli ultimi mesi, ci accorgiamo di avere assistito ad una sequenza di avvenimenti che non ci ha proposto, in buona sostanza, niente di nuovo dal punto di vista dell’uniformità e della continuità nelle scelte di fondo dei protagonisti della scena dominante. E’ troppo presto, si dirà, per esprimere una valutazione del genere. Probabilmente sì, ma, in effetti, il quadro internazionale è talmente grave che, alla fine, si riflette uniformemente (dal punto di vista governativo) sullo scenario interno.

Ma, il popolo elettorale perseguiva e pretendeva il cambiamento, il mutamento più adatto a ribadire con fermezza un concetto che, evidentemente, il resto della politica (rispetto alla maggioranza) tendeva sempre più a rimuovere, nascondere. Quale concetto? Semplice: basta, per piacere, ora basta. Accomodatevi da parte, sulla tribuna dell’opposizione e fate governare a qualche altro. Insomma, prendetevi un po’ di riposo, sedetevi in panchina e riscoprite le parole chiave del consenso veramente condiviso, della riconquista cioè, di una piena e motivata partecipazione alle scelte della vostra politica che, in verità, non si sono affatto radicate in un contesto sociale ben preciso. Non hanno raccolto, in fondo, scelte e opinioni che, pure, viaggiavano precise fino a raggiungere – così sembrava – tanta parte di società, almeno di votanti.

La domanda è semplice: ma i perdenti, così nettamente, ci hanno riflettuto bene sul perché non sono stati capaci di coordinarsi con la volontà reale e dirompente di cambiamento che pure è risultata così lampante? Sono riusciti a leggere con attenzione i sondaggi più recenti?

A ben vedere il post elezioni ci conferma soltanto che in tutta l’area che ha stradominato prima delle elezioni, con varie strategie vincenti (dal punto di vista elettorale, sia chiaro) è come non fosse mai giunta l’unica e vera lezione che è venuta fuori dal ricorso al voto. La lezione di non essere mai “servi delle circostanze”, di non dare per scontato, per esempio, che il potere non logora chi ce l’ha, che il rito partitico non finisca mai, che guardare sempre avanti sia un modo di fare che funziona solo per chi non vuole mai scendere dal cavallo. In altre parole, è emersa la lezione che la politica è prima di tutto responsabilità, poi strategia, fino a diventare, quando diventa crisi profonda, gestione del potere e delle carriere (personali).

Responsabilità che viene affidata ad altri – così funziona in democrazia – per governare il Paese, non i partiti o il partito.

La sensazione è evidente: a prescindere dalle cose che è possibile fare o meno, in un contesto difficile come non lo è mai stato, la lezione elettorale è stata bene impartita e adesso chi ha perso ha bisogno di cambiare. Non solo chi guida il partito e i partiti.

Ma, così al momento appare, la lezione è davvero difficile da digerire.

Ernesto Pappalardo

direttore@salernoeconomy.it

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Giudizio netto e preciso
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