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Occorre “vedere” i limiti come qualità per riuscire a fronteggiare le emergenze.
La felice “impotenza” del governo “modesto”
Riposizionare il ruolo delle Regioni non è facile, occorre non fare fughe in avanti (come l’accelerazione della messa in rete delle progettualità del Mezzogiorno attraverso un coordinamento improbabile), né dimenticare che le nuove competenze chiamano in campo principi fondativi e perciò nuove riflessioni generali (e non gestionali).

di Pasquale Persico

Ci sono due concetti – la “felice impotenza” e il “governo modesto” – che soprattutto in questo momento storico racchiudono eccellenti indicazioni da valutare con necessaria e inderogabile attenzione. Siamo certi che si tratta di due “qualità” alle quali si dovrebbe tendere con fermezza, senza provare, invece, a rifuggirne. Il governo attuale, per essere chiari, abbiamo l’impressione che non lo farà mai per evidente incapacità di essere effettivamente consapevole delle grandi difficoltà legate all’agire politico-amministrativo richiesto in questo particolare contesto nel quale stiamo vivendo. Papa Benedetto XVI, invece, subito annunciò di avere questa piena consapevolezza: Dio è tanto lungimirante che ha potuto poggiare sulla mia insufficienza il progetto di cambiamento, disse all’inizio del suo mandato. La felice impotenza, infatti, è il concetto fondamentale sul quale dipanare il buon governo che non può basarsi su modelli di government inadeguati ma di governance, cioè sulle collaborazioni interne, esterne ed interistituzionali che rendono i progetti strategici e sostenibili, vale a dire di lungo periodo e condivisi.

Riposizionare il ruolo delle Regioni non è facile, occorre non fare fughe in avanti come l’accelerazione della messa in rete delle progettualità del Mezzogiorno attraverso un coordinamento improbabile, né dimenticare che le nuove competenze chiamano in campo principi fondativi e perciò nuove riflessioni generali e non gestionali con riferimento alle eco-regioni e alle macroregioni europee.

Ecco che il concetto di “governo modesto” appare in tutta la sua valenza programmatica, non si tratta di un modo di governare debole e disordinato, ma di una modalità rispettosa, di un governante, insomma, che sappia di non sapere, che conosca i suoi limiti, che agisca  non solo in una visione politica o tecnocratica impositiva ma che sia capace di utilizzare tutto il potenziale istituzionale raccordabile.

L’espressione “felice impotenza” è di Cardin Le Bret e insegna che il governo a sovranità limitata ha due possibili percorsi; il primo porta alla discontinuità come costruzione storica in campo, quando il governare esplode in una pluralità di policy communities: una varietà di soggetti concorrenti chiedono di essere messi in fila d’attesa ( il modello perseguito fino ad oggi).

Il secondo percorso, più in linea con gli obiettivi di contributo al riposizionamento consapevole del nuovo ruolo delle regioni in Europa, prevede un governare indebolito, ma ancora straordinariamente dotato di risorse materiali e morali, con gli enti locali che svolgono il ruolo di cerniera principale di ricomposizione di beni relazionali specifici (riconosciuti) e aspecifici (nuovi).

Una pubblica amministrazione regionale tutt’altro che onnipotente, nondimeno, nel bene e nel male, efficace ed efficiente, efficace nel confermare e sostenere la direzione del cambiamento strutturale che coinvolge la popolazione di una regione grande come la Campania, efficiente per metodo.

Allora il governare, felicemente impotente e modesto, diventa il governare che “vede” la modestia ed il limite come qualità, come l’insufficienza del Papa citato, per una ripartenza veloce di una pubblica amministrazione che fa apprendistato e pratica della propria sovranità limitata e si esercita come Stato persuasore, cioè Stato esperto, pensante, garante e negoziale.

Foto Pasquale Persico
Pasquale Persico
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