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di Pasquale Persico
Nel bel libro di Uwe Wittstock – “1940. Il grande esodo della letteratura in fuga da Hitler” – viene ricordato che un punto di riferimento, sui temi dello sviluppo economico e sociale (a livello mondiale), è stato Albert Otto Hirschman; l’intellettuale che, per continuare il suo lavoro di economista e non solo – in un periodo in cui gli Stati Uniti si erano chiamati relativamente fuori dalle ambizioni imperiali (1940), ma erano diventati sospettosi, e temevano l’arrivo o la sopravvivenza di un certo tipo di intellettuali – fu costretto, come mille altri, ad avere altre identità: ben cinque. Lo stesso fenomeno sta avvenendo oggi per gli immigrati che scelgono questa scorciatoia per i permessi di soggiorno in Italia ed in Europa. Ma il secolo delle esclusioni e delle espulsioni, come brutalità, inciviltà e complessità invisibile, è stato rappresentato bene e con inchieste specifiche dalla sociologa Saskia Sassen, quando a Napoli, su invito del collega ed amico Giovannni Laino, diede inizio al master di eccellenza sulle città storiche, nell’aula magna della Federico II, poco meno di un ventennio fa.
Il suo libro – “Espulsioni. Brutalità e complessità nell’economia globale”, (edizioni Mondadori) – è diventato un punto di partenza per approfondire e descrivere l’egemonia della finanza, nel guidare i temi della globalizzazione monopolistica. Per la scienziata, già allora, quando si parlava di disuguaglianza, povertà ed esclusioni, le argomentazioni erano vecchie e del secolo passato. La logica dei vantaggi dell’inclusione era diventata obsoleta per i programmi di espansione del commercio mondiale e della finanza a voracità moltiplicata. Negli ultimi decenni non ci siamo accorti della frattura o voragine, avvenuta sotto i nostri occhi non più connessi al cervello. La funzionalità del capitalismo finanziario spinge tutto e tutti (lavoratori, imprese e istituzioni della governance sostenibile) a diventare invisibili. Gli indicatori economici nascondono molte storie ed ingiustizie, a favore della retorica del come uscire dalle crisi finanziarie con il PIL in ripresa. Le misure di austerità aprono cicli infiniti di regressione delle civiltà plurali verso regimi autoreferenziali. La massimizzazione dell’occupazione e del lavoro necessario al ben-Essere sociale viene regredito ad argomento tecnico della finanza mondiale sostenibile.
Si nascondono gli obiettivi della finanza predatoria, afferma la sociologa e scienziata riconosciuta Saskia Sassen. Le formazioni della finanza predatoria sono state ben rappresentate nella giornata di insediamento del presidente Trump, ma si sono anche moltiplicate in altre parti del mondo dove la finanza celebra i suoi riti: Assemblaggi di attori, comunicatori, amministratori delegati, governi potenti, e generali, recitano la loro parte in una sceneggiatura da incubo.
Queste dinamiche generali stanno tagliando il mondo in aree di apparente progresso e sviluppo, e in aree di espulsioni e desertificazione. Queste aree di espulsioni sono legate sia ai temi della necessaria desertificazione connessa alla continuità della colonizzazione ancora necessaria, sia al degrado definitivo della vivibilità in sicurezza ambientale. Orami sono troppi i luoghi dove si sta andando in questa direzione: non solo Russia, Cina, Stati Uniti, America Latina e Sud Africa sono uno scenario evidente, ma tutta l’Europa ed il Mediterraneo si stanno allontanando dall’ipotesi di luoghi a civiltà plurale. Per andare dove dobbiamo andare per dove dobbiamo andare, la frase di Totò e Peppino, è più attuale di quelle di sinistra sul che Fare, perché oggi abbiamo bisogno di un nuovo linguaggio che esca da una direzione precisa di comportamento, per essere a più varietà strategiche. Per quanto mi riguarda continuo a mettere in rete alcune letture di ripartenza: Camus, Silone, Simone Weil, Biko e Spinelli e, perché no, Il gatto selvatico di Enrico Mattei.
Questi uomini e donne in rivolta pensavano di federare dal basso comunità aperte nella speranza di allargare i comportamenti degli Stati. Questa prospettiva è in regressione, non resta che ripartire dalle esperienze da moltiplicare all’infinto e dal basso, per la emersione di nuove comunità plurali di resistenza propositiva dentro e fuori le istituzioni resilienti, a rischio estinzione o espulsione.

Pasquale Persico