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di Pasquale Persico
Oramai la tecnologia ed i satelliti che camminano nello spazio sono in grado di misurare l’efficacia dei nostri modelli di pianificazione territoriale e, quindi, di dare un voto ai piani-paesaggio delle regioni, fino a dettagli specifici sulle singole città o sui paesaggi localizzati, in regressione nei parchi nazionali e regionali. Per Ratti e la filosofia sulle città della sua biennale, la parola adattamento deve trovare delle misure di riferimento sul paesaggio, a livello macro e micro; il progetto con il suo linguaggio deve essere riconnesso a qualche criterio di giudizio che esalti il concetto di adattamento con delle misure di efficacia nella lotta all’emissione di CO2. Questa variabile è proxy misure quantitative di specifici obiettivi di qualità: tutela della biodiversità, transizione ecologica dell’energia, miglioramento delle modalità di produzione in agricoltura, riposizionamento delle variabili ESG, come sintesi delle economie di scopo e di varietà delle imprese. Ecco allora che i candidati alle prossime elezioni regionali, nella logica della Biennale, dovrebbero presentare programmi più dettagliati sull’adattamento programmato per i territori da amministrare.
Le mappe già prodotte dal gruppo di lavoro sulla valutazione del Prof. Antonio Nesticò della Facoltà di Ingegneria di Salerno, sono indicative per possibili indirizzi delle politiche di riadattamento , a cui fa riferimento Ratti. Le aree urbane e la città metropolitana di Napoli, in particolare, si segnalano per l’urlo drammatico sulla incapacità di rispondere in termini di adattamento ai temi della transizione ecologica necessaria. Non ne parliamo, se incrociamo i temi del cambiamento climatico e gli altri rischi, terremoto in particolare, a partire dall’area Flegrea. Ratti ci segnala che la correlazione tra incapacità di programmazione e fuga delle compagnie di assicurazione dalla copertura di questi rischi, è in crescita. Questo significa che se non vi è evidenza di una buona politica di riadattamento, molti territori non saranno in grado di risalire dalle emergenze per incapacità di mobilitare fonti di investimenti, privati e pubblici.
Posso sicuramente affermare che Comuni, Province e Regione hanno avuto poca attenzione a questo tipo di ragionamento e perfino l’ARPAC entra poco in campo, per rendere più prescrittive le sue preziose statistiche sul che fare. Anche per le politiche perseguite per la risalita della urbanità è possibile una valutazione quantitativa e qualitativa più incisiva. Presto potrei avere dati sulla necessità di invertire la denominazione del Parco Nazionale del Cilento a favore della componente Alburni o dare un nome diverso al Parco Nazionale del Vesuvio, entrando nel dettaglio dei parametri quantitativi dell’emissione di CO2 come variabile proxy delle reti ecologiche efficaci. Le misure di mitigazione previste dal PNRR a partire dai progetti di forestazione urbana sono poco connesse ai tema dell’adattamento di aree vaste , ad esempio nelle aree metropolitane; questo risultano segnala ritardi enormi rispetto ad aree concorrenti in Europa. In sintesi, possiamo affermare che non solo per la Campania ma per molte altre regioni, il tempo dell’adattamento ancora non è partito, a partire dei temi della mobilità di persone e merci, per non parlare della risalita della funzionalità delle reti ecologiche. I contratti di fiume sono balbuzienti, i piani ambientali dei parchi parlano di turismo e i temi del disinquinamento delle aree industriali e delle aree agricole sono assenti , visto che paghiamo ancora penali di finanza non trascurabile. La Biennale ci offre un quadro del possibile a livello globale e rimette in campo i temi del Giardiniere planetario di Gilles Clemént. Oggi ci sono strumenti per invertire i parametri negativi sull’adattamento, fino a fare rientrare le compagnie assicurative dal loro proposito di non convogliare più i risparmi su rischi non calcolabili, fino a diminuire o ad annullare l’efficacia delle politiche pubbliche. Che fare? Riprendo per l’albero eretico prodotto a Caggiano, una frase di Ratti : “Le città , certo, sono più lente , per l’adattamento, il cemento non si sposta, ma può cambiare più in fretta del nostro DNA, però dobbiamo volerlo questo cambiamento verso l’adattamento dei territori”. La natura lo fa e noi non approfittiamo dei suoi saperi. (La conclusione è mia: il Giardiniere Planetario esiste).

Pasquale Persico