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Come sostenere la concordia (da ritrovare) per uscire dalla crisi profonda che ci avvolgerà.
Investimenti strategici per una Sanità più efficace
Il confronto tra indirizzi parlamentari, nazionali ed europei, filtrati dalle proposte operative della Conferenza Stato-Regioni, offre ai programmi dei singoli Ministeri di emergere con fattibilità territoriali condivise, generando semplificazione e
sburocratizzazione.

di Pasquale Persico

Nella probabile fase tre , a cominciare dalla prossima finanziaria, sarà decisivo capire la struttura dei nuovi investimenti strategici, per ipotizzare  se, come, e quando usciremo dalla crisi profonda nella quale il mondo, l’Europa e l’Italia sono precipitati. Con l’Europa saremo chiamati a scegliere i settori in cui investire, in connessione alle nuove strategie di aiuto in termini di solidarietà e ripresa, per aprire un prospettiva di sviluppo sostenibile non più rinviabile. Il nuovo lemmario della condivisione politica non è ancora disponibile, ma esso dovrebbe consentire una percezione proattiva delle diverse istituzioni di rappresentanza civica alle scelte che si andranno a fare. Come trovare la bussola capace di orientarci, durante il confronto aspro che si aprirà a breve nella fase di assegnazione delle risorse disponibili nelle diverse leggi finanziarie, per consolidare la visione di lungo periodo? Come auspicare che questa visione ci porti fuori dall’emergenza attraverso il consolidamento di un nuovo ruolo – significativo – nell’Europa che verrà? Possiamo cercare di  capire quali temi istituzionali sono da  affrontare nel settore che sicuramente dovrà ricevere investimenti strategici? Per essere chiari, quello della Sanità rimane un settore chiave, con tutte le implicazioni aperte dalla recente pandemia, rispetto alla competitività del settore manifatturiero, alla competitività del settore ricerca e sviluppo, all’efficacia del welfare e della formazione, all’efficacia della struttura territoriale della logistica.

Nord/Sud.

La mappa dei contagi del coronavirus e l’approfondimento sul numero di morti ci offre subito  una prima riflessione: ma il sistema sanitario del Nord è meno efficace di quello del Sud? La risposta chiara è complessa anche perché entrano in campo ipotesi e valutazioni contrastanti riguardo al sistema medico di riferimento. Facciamo un esempio. La Merck Gene con la sua pubblicità progresso potrebbe portarci su altri pianeti di valutazione: “La cura di diverse malattie risiede nelle nostre caratteristiche genetiche: perciò, la genetica applicata alla medicina rappresenta un approccio rivoluzionario per migliorare la vita. Attraverso metodi trasformativi, i ricercatori possono manipolare i geni con una facilità senza precedenti: questo può rendere possibile, almeno potenzialmente, la cura di qualsiasi disturbo, dalla cecità ai tumori”.

Si intuisce che definire l’efficacia di un sistema sanitario significa affrontare in maniera aperta il tema della valutazione dei sistemi, le scienze e gli scienziati sono molto divisi nel proporre l’idea base di una medicina di popolazione, e le affermazioni della Merck Gene sono anche preoccupanti, perché nascondono interessi enormi non sempre esplicitabili.

Il ruolo delle Istituzioni.

Chiamare in campo le nostre Istituzioni di riferimento è, pertanto, un modo per garantire una partecipazione democratica alle scelte perché costringe Parlamento, Governo, partiti e società civile a discutere sulle direzioni da intraprendere. La nostra tradizione culturale viene da lontano. I temi della dieta mediterranea, della qualità dell’ambiente, e delle esperienze della medicina tradizionale sono ancora in campo e chiedono di non essere spazzati via da nuove considerazioni che privilegiano un approccio tecnologico alla cura, solo apparentemente super scientifico.

Vediamo il caso della GB. Che fare? Apriamo un laboratorio decisionale utilizzando al meglio le Istituzioni che sono in campo scegliendo un percorso metodologico di confronto e di titolarità delle scelte. Per rendere esplicito il ragionamento guardiamo a ciò che è accaduto nelle regioni del Nord tenendo presente che l’eco-regione di appartenenza e la macroarea  di riferimento vanno ben oltre il confine delle sette o otto regioni del Nord. Per semplicità restringiamo il ragionamento al confronto tra Veneto e Lombardia. Emerge un differente funzionamento tra due modelli di sanità particolarmente “investiti” dall’emergenza.

Modello-Veneto.

Esiste un modello-Veneto da seguire? Meno ospedalizzazioni e meno morti. Il problema non si rileva soltanto nella professionalità dei medici e degli operatori sanitari, ma anche nelle scelte strategiche dei decisori politici e probabilmente in aggiunta, nell’organizzazione o meglio nella strutturazione della governance, ovvero nella modalità con cui gli amministratori pubblici gestiscono, coordinano e integrano gli “attori” che operano nel contesto. In questo senso può apparire utile un confronto tra i due modelli, non per indicare i buoni o i cattivi ma perché questo straordinario e drammatico stress test della salute italiano può offrire spunti per capire come le diverse azioni di government e di governance potranno  impattare in situazioni di emergenza, permettendo all’Europa, allo Stato ed alle Regioni di indicare le nuove  direzioni da condividere.

Negli ultimi vent’anni lo scenario del Sistema sanitario nazionale è stato caratterizzato da profondi cambiamenti come la ristrutturazione delle Aziende Sanitarie. Lo scopo è stato quello di ottimizzare la gestione favorendo, nello stesso tempo, un contenimento dei costi della spesa sanitaria. Il 2015 è stato un anno decisivo per il percorso di organizzazione dei sistemi sanitari regionali perché, alcune tra le Regioni più virtuose in ambito servizi sanitari, hanno emanato riforme importanti.

L’assetto strutturale delle diverse governance sanitarie influisce sulle performance regionali. Il Veneto è risultato essere ai primi posti della Griglia Lea che classifica le Regioni per capacità di garantire i livelli essenziali di assistenza. Anzi nel 2018 è stata la migliore di tutte, conquistando 222 punti sulla Griglia Lea e fermandosi solo a 3 punti dal punteggio massimo stabilito in 225 punti. Probabilmente, proprio il particolare sistema di governance  ha garantito in un momento di emergenza un minor assalto al sistema ospedaliero, favorendo una presa in carico di prima assistenza da parte della cosiddetta medicina di prossimità che in Veneto sembra funzionare bene avendola potenziata, questo senza emettere nessuna sentenza sugli altri sistemi sanitari, qui non analizzati.

Una sola domanda.

Bastano queste considerazioni per proporre un modello per tutte le Regioni appartenenti ad una determinata area omogenea in base al concetto di eco-regione o di area vasta che aderisce ai principi di governance della Macroregione Europea? La risposta è più difficile e chiama a confrontarsi più soggettività istituzionali. Abbiamo bisogno, però, di un nuovo strumentario in termini di linguaggio di valutazione.

L’efficacia in termini di produttività significa che quando valutiamo il sistema sanitario facciamo riferimento ai principi sui quali è stato costruito, ad esempio l’accesso sicuro, spesso gratuito, a tutti i cittadini residenti e non è una valutazione di efficacia. Mentre quando parliamo di efficienza facciamo riferimento al costo delle risorse impiegate a parità di cittadini soddisfatti. Quando poi parliamo di efficienza il discorso si complica. Esiste in letteratura economica sia il concetto di x.efficienza che quello di efficienza strettamente economica definita in più modi: allocativa, produttiva, dinamica e sociale. Quella allocativa è quella che soddisfa al massimo la domanda dei fruitori, mentre quella produttiva fa riferimento al minimo costo o sforzo da impegnare, che però guarda anche al lungo periodo ed in questo caso è non miope cioè dinamica; infine quella sociale chiama in campo tecniche sofisticate di analisi costi e benefici ed ha implicazioni nel confrontarsi con la x.efficienza; questa  chiama in campo pratiche di management a parità di utilizzo delle tecnologie; e questo sarebbe il caso del vantaggio competitivo del Veneto. Come sviluppare un sistema di confronto istituzionale per approdare ad un sistema più efficiente, tenendo conto che la x.efficienza è un’articolazione importante della efficienza produttiva? Quest’ultima è  più poggiata sulla conoscenza delle innovazioni potenziali e non solo organizzative, anch’esse rilevanti in presenza di inerzie burocratiche connesse al sistema della legislazione e della governance esistente.

La proposta.

La proposta a cui faccio riferimento è quella di tentare di diminuire l’asimmetria istituzionale esistente tra Commissioni Parlamentari sugli affari regionali, Conferenza Stato-Regioni, Consiglio dei ministri e  competenze specifiche di ben quattro Ministeri: Mezzogiorno, Sviluppo, Regioni e Affari Europei.

Questo è un punto prioritario per affrontare il futuro confronto sull’uso delle risorse disponibili, connesse al nuovo debito pubblico o ad altri strumenti di finanza di supporto ai piani, nella prospettiva di ridurre anche il debito ecologico (obiettivo specifico del Programma europeo di investimenti).

L’esperienza maturata dalla Conferenza Stato-Regioni ed il coordinamento per la fase  uno e due, invitano a tentare di ampliare il ruolo della Conferenza nella fase in cui si dovranno identificare e scegliere gli investimenti strategici da poggiare sui territori regionali, anche per innalzare il confronto sulla visione della valutazione, che dovrà tenere conto sia della probabilità di diminuzione dello spread ambientale che della sostenibilità del debito pubblico. Questa è la strada maestra per bene interpretare ed essere credibili nell’ambito degli obiettivi europei 2030, sarà difficile l’avvio ma sarà un investimento in termini di concordia istituzionale.

La proposta politica, infatti, è molto coerente con i principi costituzionali italiani ed  europei. Il confronto tra indirizzi parlamentari, nazionali ed europei, filtrati dalle proposte operative della Conferenza Stato-Regioni, offre ai  programmi dei singoli ministeri di emergere con fattibilità territoriali condivise, come nelle  fasi uno e  due, generando indirizzi di semplificazione e di sburocratizzazione per dare voce al nuovo modo di guardare al concetto di investimenti strategici, e generare consenso e percezione di efficacia. Questa prospettiva aiuta anche l’idea di una concordia da ritrovare per uscire dalla crisi profonda che ci avvolgerà.

La percezione aumenta la condivisione e protegge il nostro sistema Italia dall’approccio genetico alla sanità territoriale che esclude la visione alternativa che pure le considerazioni su quanto è avvenuto lungo le aree vaste dell’Appennino italiano tengono in campo, come approccio al benessere di popolazione connesso al paesaggio percepito e vissuto. Un  tema che dovrà comunque essere presente nel  nuovo assetto della sanità pubblica perché efficace. Inoltre, le  sinergie con il settore privato dovranno emergere da una regolamentazione forte, semplice ed efficace, perché la rete organizzativa pubblica e privata sia robusta, efficiente e resiliente nelle diverse Regioni finalmente connesse in una rete di programma europeo.

Non dobbiamo avere paura di investire nelle nostre Istituzioni. Più Stato, più Europa nella governance delle macroregioni; più probabilità di approdare ad uno stato continentale europeo poggiato sul paradigma identità e diversità. Investire sull’unità delle diversità è la priorità che ci farà accumulare ricchezza in termini di civiltà aperta e  plurale, prospettiva di nuova umanità,  augurabile ed  universale.

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Pasquale Persico
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