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I numeri dell'economia »

Le nuove geografie della produzione del valore in Italia. Il rapporto realizzato da Fondazione Symbola, Intesa Sanpaolo e Unioncamere.
Imprese coesive, quasi il 70 per cento localizzato al Nord
Oltre il 50% è concentrato in tre regioni: Lombardia (26,3%), Veneto (13,6%) ed Emilia-Romagna (13,4%). Nell’area settentrionale una maggiore incidenza sul tessuto economico locale.

“Il mondo sta cambiando e l’economia che ci ha guidato per decenni è inadeguata a gestire le crisi del ventunesimo secolo. Con la sostenibilità avanzano nuovi modelli nell’uso delle risorse (green economy, sharing economy, circular economy, bioeconomy), nell’uso delle competenze diffuse (open innovation, crowdsourcing), nell’accesso all’informazione (platform economy), nell’accesso ai finanziamenti (crowdfunding, sustainable bond), abilitati dalle nuove tecnologie e dal digitale. Sfide che chiamano ad un’azione comune imprese, comunità, istituzioni, cittadini”. È questo lo scenario di “Coesione è Competizione. Nuove geografie della produzione del valore in Italia”, realizzato da Fondazione Symbola, Intesa Sanpaolo e Unioncamere. In particolare, si considera che “la capacità tutta umana di cooperare e costruire comunità che condividono idee, informazioni, esperienze e valori può rappresentare una strategia potente per superare le crisi dei nostri tempi”. E’ stato possibile rendersene conto “in questi mesi di lotta al Covid-19”, quando si è lavorato a fondo – “grazie alla collaborazione di tante associazioni del terzo settore, all’impegno dei volontari e alla solidarietà di migliaia di cittadini e imprese” – riuscendo “a ridurre in parte, ma non arginare, l’urto della crisi sulle vecchie e le nuove povertà”.

E va detto che “anche nell’anno del Covid le piccole e medie imprese italiane hanno mostrato attenzione alla dimensione sociale, alle comunità territoriali e alle fasce più deboli. Infatti, non solo è cresciuto il numero delle imprese coesive – ha spiegato il segretario generale di Unioncamere, Giuseppe Tripoli – che sono il 37% delle manifatturiere, ma un numero molto maggiore di imprese ha adottato strategie rivolte a un incremento della sostenibilità sociale e ambientale e a iniziative per venire incontro alle esigenze delle fasce deboli. Emerge anche che le imprese più sono coesive più sono competitive e riescono a sfruttare al meglio le loro potenzialità”.

Le imprese coesive “esportano di più (il 58% contro il 39% delle non coesive); fanno più eco-investimenti (il 39% contro il 19% delle non coesive); investono di più per migliorare prodotti e servizi (il 58% contro il 46% delle non coesive); adottano misure legate al Piano Transizione 4.0 (il 28% contro l’11% delle non coesive). Anche in previsione, le imprese che investiranno in processi e prodotti a maggior risparmio energetico, idrico e/o minor impatto ambientale nel triennio 2021-23, sono sempre maggiori nel caso delle imprese coesive (26% a fronte di 12%)”.

Come pure va segnalato che “tra le imprese coesive è anche significativamente maggiore la capacità di rapportarsi con il mondo della cultura (attraverso operazioni quali donazioni, sponsorizzazioni, partnership con istituzioni culturali, ecc.): la quota delle imprese che dichiarano di intraprendere questo tipo di iniziative è infatti pari al 26% nel caso di quelle coesive, mentre per le aziende classificate come non coesive è dell’11%”.

Per quanto riguarda la digitalizzazione “la quota delle imprese che hanno adottato o stanno pianificando di adottare misure legate a Transizione 4.0 è pari al 28% per le imprese coesive, laddove per le imprese non coesive è dell’11%”.

Nel 2020 “le imprese coesive valutate tra le imprese manifatturiere con addetti compresi tra 5 e 499 incidono per il 37%, quota che tradotta in valori assoluti è di quasi 49.000 imprese. Con un aumento rispetto al precedente rapporto, nel quale il valore si attestava al 32%”.

Migliora il bilanciamento di genere. “Nel report si evidenzia che si sono compiuti passi importanti con un incremento delle donne nei cda delle società quotate passato da 170 nel 2008, il 5,9%, alle 811 di oggi, il 36,3%, mentre nei collegi sindacali si è passati dal 13,4% del 2012 al 41,6% del 2019, con 475 sindaci donne”.

La coesione “rappresenta per le imprese un’occasione per accrescere il senso di appartenenza e soddisfazione di vita dei propri dipendenti (nel 2020 le erogazioni di welfare sulla base di contrattazione sindacale sono cresciute del 19,5%), per rafforzare le relazioni di filiera e distrettuali (le imprese ricadenti nei distretti secondo il monitor di Intesa Sanpaolo negli ultimi anni hanno visto crescere la produttività più delle imprese non distrettuali), ma anche per competere in un mercato che premia sempre di più gli atteggiamenti virtuosi”. Crescono gli investimenti diretti “verso aziende che dimostrano attenzione alla dimensione sociale e ambientale; crescono anche lato consumi, laddove appunto i consumatori, votando con il portafoglio o con i click, scelgono sempre più consapevolmente prodotti rispettosi dell’uomo e dell’ambiente e talvolta con il crowdfunding supportano le aziende più sostenibili”.

La coesione – dimostra l’indagine condotta da Ipsos – “insieme alla sostenibilità, incrocia sempre di più nella percezione dei cittadini il tema della qualità. Già oggi due italiani su tre sono disposti a riconoscere, alle imprese che hanno atteggiamenti coesivi, un premium price sui prodotti e servizi offerti. Un differenziale di prezzo che in media è del 10% in più a favore delle imprese coesive. Analizzando le aspettative della cittadinanza, è interessante rilevare quanto sia importante il clima coesivo e in questo senso è importante il ruolo delle imprese nel cambiare il modello di sviluppo legato ai temi della sostenibilità associata anche alla qualità dei prodotti”.

Ipsos “rileva come il 52% degli intervistati metta al primo posto tra i soggetti con cui le imprese dovrebbero entrare in relazione l’ambiente (divenuto uno stakeholder a tutti gli effetti), seguito dai clienti (51%) e i dipendenti (48%) e mettono al quarto posto le comunità e i territori in cui le imprese operano (41%)”.

Secondo l’indagine Ipsos “gli obiettivi perseguiti dalle imprese nella percezione della popolazione italiana per il 75% sono prettamente economici e solo per il 25% legati anche al benessere dei lavoratori, dei clienti e dei fornitori, della comunità. Al tempo stesso c’è la chiara percezione dell’importanza del ruolo delle imprese nel modello di sviluppo (89%)”.

Distribuzione delle imprese coesive nel territorio

L’eterogeneità della distribuzione delle imprese coesive a livello di economie regionali “è ancora piuttosto marcata, con quasi il 70% delle imprese localizzato al Nord. Oltre il 50% è concentrato in tre regioni: Lombardia (26,3%), Veneto (13,6%) ed Emilia-Romagna (13,4%). È sempre il Nord a contraddistinguersi per una maggiore incidenza delle imprese coesive sul tessuto produttivo locale. Nel rapporto si rileva inoltre una relazione positiva tra benessere economico e presenza di imprese coesive: le regioni in cui l’incidenza di imprese coesive è più elevata sono anche le regioni in cui si riscontra un Pil pro capite più elevato. Ma la diffusione delle imprese coesive è fortemente associata non solo al benessere economico, ma anche al benessere sociale e ambientale dei diversi territori. Un differenziale di prezzo che in media è del 10% in più a favore delle imprese coesive”.

Se si pongono in relazione “la presenza di imprese coesive e gli indicatori BES (Benessere Equo Sostenibile) dell’Istat, si colgono delle correlazioni positive elevate in particolare per dimensioni quali Qualità del lavoro, Qualità dei servizi e Politica e istituzioni.

(Fonte: unioncamere.gov.it/ 18.06.2021)

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