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Le raccomandazioni dell’Unesco finalizzate alla buona percezione dei beni culturali (convenzione di Faro).
Imparare a vivere insieme, “essere per essere”
Educare alla razionalità del noi, alla solidarietà necessaria, diventa il primo asse portante della scuola post-pandemia, che vuole contribuire a migliorare il sentiero di crescita, sostenibile e inclusivo.

di Pasquale Persico

L’affermazione di partenza del bel libro di Patrizio Bianchi (già rettore dell’Università di Ferrara) – scritto dopo l’esperienza di assessore della Regione Emilia Romagna e di coordinatore del Comitato degli esperti nominato dalla ministra dell’Istruzione Azzolina – ribadisce che la pandemia ci ha tolto la scuola, quella che conoscevamo e ritmava la vita delle famiglie e delle città. E’ emersa, però, la situazione drammatica nella quale  la scuola era  già precipitata, non avendo, percepito da tempo il grande tema della connessione tra istruzione e sviluppo. L’Europa ricorda questo fondamentale collegamento negli indirizzi programmatici del Recovery Fund, che si chiama anche programma di rigenerazione o ripartenza per le giovani generazioni. I più bassi tassi di istruzione riguardano molte aree dell’Italia (e non solo il Mezzogiorno), le periferie urbane e le aree interne parlano anche senza le statistiche: la dispersione scolastica accompagna la disoccupazione giovanile e la crescita della popolazione non attiva.

I giovani che non si istruiscono e che non si avvicinano alla conoscenza nemmeno con il lavoro sono una caratteristica drammatica presente in tutte le città ed i tutti i territori marginali. La pandemia coglie l’Italia l’anno dopo una crescita pari ad appena lo 0,3 % .  Dal prossimo anno abbiamo bisogno di cittadini costruttori – nel linguaggio del presidente della Repubblica Mattarella – e di classe dirigente che sappia andare oltre lo scarto, nel linguaggio di Papa Francesco.

Quello che faremo per la scuola è il “laboratorio membrana” di valutazione di quello che faremo per “lo sviluppo della città e dell’altra città”, come infrastrutture di rete per lo sviluppo dell’Europa e dell’Italia. Si prima l’Europa, che finalmente decide di investire sugli squilibri territoriali come strategia irrinunciabile per uscire dalla trappola dello sviluppo orientato dalla sola globalizzazione. Un continente vuole riprendersi il suo cammino come nuova comunità di “destino aperto”, verso una civiltà a spettro allargato, capace di coniugare il paradigma nuovo, identità e diversità, sviluppo fertile e comunità creativa.

La scuola è una piattaforma di riferimento per affrontare il tema dei diritti e della solidarietà, per Bianchi; e lui sottolinea il suo ragionamento introducendo quattro argomenti. Partendo dagli art. 33 e 34 della Costituzione, ci ricorda che diritti e solidarietà sono argomenti fondamentali per ricomporre il mosaico di apprendimento a cui dobbiamo aspirare. Educare alla razionalità del noi, alla solidarietà necessaria,  diventa il primo asse portante della scuola post pandemia, scuola che vuole contribuire  a migliorare il sentiero di crescita, sostenibile, inclusivo, legato allo sviluppo dei diritti a civiltà plurale. Bianchi ci esorta ad uscire dagli schemi concettuali del Novecento, in parte gerarchici in termini organizzativi, per scoprire il nuovo paradigma attraverso la cultura del confronto tra territori, tra macroregioni dell’Europa che verrà.

Ecco, pertanto, il secondo punto: il disegno di autonomia della scuola ed i programmi Erasmus proposti dal  Ministro Berlinguer nel lontano 1997 non solo erano un disegno di unità del Paese, ma individuavano obiettivi territoriali per portare in Europa aree geografiche che erano lontane da standard a cui non si poteva  più rinunciare.

Ecco il tema dei costruttori di allora che sono rimasti in minoranza; l’autonomia partecipativa, di risalita, si è insabbiata insieme agli altri percorsi di riforma delle  istituzioni impegnate per lo sviluppo.

Il tema del Mezzogiorno diventava, così,  il preannuncio di quanto si è manifestato  in tutte le aree dell’ Italia in ritardo; le periferie sociali si sono moltiplicate, sono andate  in difficoltà tutte le politiche di solidarietà e di riequilibrio. Il Rapporto Invalsi nel proporre i risultati del 2019, nonostante le critiche che si possono fare al metodo di valutazione, segnala con certezza il tema dei divari di apprendimento che diventano indicatori indiretti di tanti altri diritti di cittadinanza attiva.

Un nuovo arcipelago di disuguaglianze si rivela e il Covid 19 sta allargando la forbice delle differenze, dando ai territori un ultimato che riguarda il terzo argomento. Il cambio di paradigma deve partire dalle macroaree europee di riferimento e queste devono trascinare i territori in ritardo dentro un utilizzo dei fondi  in maniera da poter  risalire sul nuovo protagonismo della scuola e dell’istruzione.

Ecco, infine,  le  domande chiavi che racchiudono  il che fare come quarto argomento.

Perché l’Italia è cresciuta meno degli altri Paesi europei nell’ultimo ventennio? Quali  capabilities, o profili, sono usciti dai sistemi scolastici, dalle strutture di formazione professionale e dalle Università? Perché essi non si trasformati in competenze protagoniste del riposizionamento del sistema produttivo e della pubblica amministrazione, fino  al sociale?

Troppo poche Regioni, rispetto alle 22 hanno partecipato al riposizionamento competitivo connesso alle  opportunità della globalizzazione, che,  oggi, risentono di  una mancata politica economica capace di mantenere i presupposti di tale competizione; alta produttività dei sistemi territoriali basata sulla contemporanea crescita della produttività delle imprese e delle istituzioni pubbliche fornitrici di beni  comuni o di merito, connessi al sistema della finanza pubblica.

Riappare il tema del 1997: servono meno competenze frammentate, a vantaggio di quelle  legate alla produttività totale dei fattori portanti dello sviluppo; creatività e solidarietà devono viaggiare insieme, e queste convivono bene se nasce nelle aree vaste la capacità di affrontare e gestire problemi complessi.

La rete di città e dei territori connessi (altra città) deve vivere lo stesso paradigma di ripartenza. L’educazione alla solidarietà ed al riequilibrio territoriale si riprende bene se prende spunto dalla scuola, mentre il fare “comunità aperta alla complessità” diviene la competenza-quadro del programma di formazione di tutte le istituzioni dell’apprendere ad apprendere.

La formazione è continuità di vita, per sconfiggere definitivamente le povertà educative  che vivono una stagione  di letargo delle aspettative. Tornano le raccomandazioni unificanti dell’Unesco, rilanciate dall’educazione alla percezione dei beni culturali previste dalla convenzione di Faro, appena approvata dal Parlamento (2020): imparare a vivere insieme, apprendere ad apprendere, imparare a fare e trasformare, CERCARE di ESSERE PER ESSERE.

Ecco, finalmente, se vogliamo, possiamo vedere il Paese e l’Europa come un continente dialogante, che vogliamo per i nostri figli;  immaginare, allora, che una nuova scuola possa essere edificata, senza l’incubo che  una nuova emergenza spiazzante ed ostile  freni, ancora una volta, la capacità generativa degli uomini e delle donne di buona volontà , diventa  determinante per guardare al futuro.

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Pasquale Persico
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