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Il “Sud di dentro” di Gianluigi Coppola

Riceviamo e volentieri pubblichiamo.
Nel suo Memorandum della Domenica de “Il Sole 24 Ore” del 27 dicembre 2015, Roberto Napoletano, direttore del quotidiano economico, ha ricordato la sua infanzia trascorsa a Nola, cittadina della Campania, ed ha raccontato di un “Sud di dentro”, dove la bellezza della vita non è sporcata con gli egoismi e le mille vigliaccherie di oggi.
La tesi dell’esistenza di più Sud all’interno del Mezzogiorno non è nuova. Già alla fine degli anni ’50 Manlio Rossi-Doria, grande meridionalista, distingueva tra “Polpa” ed “Osso”, ovvero metteva in luce la dicotomia presente all’interno dl Mezzogiorno tra una realtà agricola sviluppata ed un’altra arretrata, in preda alla miseria. E prima ancora, negli anni ’40, Carlo Levi nel dare il titolo al suo capolavoro, Cristo si è fermato ad Eboli, rilevava in modo chiaro la differenza tra la costa e le aree interne, che a quel tempo erano poverissime.
Da allora le cose sono cambiate, anche se il divario o i divari tra Nord e Sud non sembrano essere diminuiti in misura significativa. Lo stesso Rossi-Doria, citato da Augusto Graziani, scriveva nel 1982 che chi ha conosciuto la miseria contadina delle zone interne “non avrebbe mai creduto di poter vivere tanto a lungo da vederne la fine – e invece l’ha vista.” Nel decennio successivo molti studiosi, tra questi Liliana Baculo, Luca Meldolesi e Gianfranco Viesti, hanno descritto ed analizzato la molteplicità delle realtà esistenti nel Sud d’Italia. Le infrastrutture realizzate, gli insediamenti industriali e produttivi, lo sviluppo del turismo, ed anche la forte emigrazione, hanno cambiato e reso più variegata la geografia del Mezzogiorno.
Tuttavia ho trovato la definizione “Sud di dentro” illuminante e funzionale ad un nuovo percorso di ricerca e sul Mezzogiorno, proprio in un periodo storico in cui la Questione Meridionale sembra essere definitivamente archiviata.
Inoltre, ritengo che in questa riflessione si possano utilmente far rientrare anche molti altri territori italiani classificati come periferici. Già Paolo Portoghesi proprio in un suo articolo pubblicato sullo stesso giornale (Domenica de “Il Sole 24 Ore”, 11.10.15) ha evidenziato l’importanza e la necessità di rammentare le periferie, di unirle con il centro. Ciò perché il “Sud di dentro” può essere visto come una periferia che non è ancora un “non luogo”, secondo la definizione di Mark Augé, ovvero una realtà anonima e priva del genius loci. Al tempo stesso il “Sud di dentro” non è più neanche l’”Osso” poiché ha abbandonato la miseria materiale, senza però cadere in quella morale.
In altri termini il “Sud di dentro” esiste non solo al Sud e non è tutto il Sud: è la sana periferia italiana che è complementare alla città e che la sua dimenticanza impoverisce entrambe. Rappresenta quelle realtà che non sono adirate, né rassegnate, ma fiduciosamente laboriose. Il “Sud di dentro” si può forse esprimere anche come una condizione dell’anima cha fa in modo che la giornata sia scandita dai tempi giusti. Alcuni di questi territori, ad esempio il Cilento in provincia di Salerno, sono stati indicati da Serge Latouche come luoghi della decrescita felice, anche se questa definizione non risulta essere sempre calzante.
Il “Sud di dentro” è dimenticato, come sottolinea lo stesso Roberto Napolitano, perché sfugge alle statistiche, ovvero all’ossessione quantitativa che affligge gli economisti di nuova generazione. Al contrario è necessario che gli studiosi ricomincino a viaggiare, a visitare e a vivere questi territori, proprio come facevano Manlio Rossi-Doria, Pasquale Saraceno o Paolo Sylos Labini, per conoscere questo pezzo d’Italia così importante per l’intero Paese.


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