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I numeri dell'economia »

Il Covid incide a fondo sulle dinamiche economiche. “Ogni italiano perde quasi 2.500 euro”.
“Il Prodotto interno lordo del Sud torna indietro di 31 anni (1989)”
L’analisi della Cgia evidenzia che - su base regionale - Molise, Campania e Calabria “torneranno allo stesso livello di Pil reale conseguito nel 1988 e la Sicilia a quello del 1986 ”.

“A causa del Covid, quest’anno ogni italiano perderà mediamente quasi 2.500 euro (precisamente 2.484), con punte di 3.456 euro a Firenze, di 3.603 a Bologna, di 3.645 a Modena, di 4.058 a Bolzano e addirittura di 5.575 euro a Milano”. A procedere in questa valutazione della contrazione del valore aggiunto per abitante, a livello provinciale, è stato l’Ufficio Studi della Cgia, che ha evidenziato anche un altro dato particolarmente preoccupante: “anche se subirà una riduzione del Pil più contenuta rispetto a tutte le altre macro aree del Paese (-9 per cento), il Sud vedrà scivolare il Pil allo stesso livello del 1989”. Dal punto di vista della ricchezza, quindi, si retrocede di qualcosa come trentun’anni. L’analisi evidenzia che “Molise, Campania e Calabria torneranno allo stesso livello di Pil reale conseguito nel 1988 (32 anni fa) e la Sicilia nientemeno che a quello del 1986 (34 anni orsono)”. La Cgia precisa che “i dati emersi in questa elaborazione sono sicuramente sottostimati”. Aggiornati al 13 ottobre scorso “non tengono conto degli effetti economici negativi che deriveranno dai Dpcm introdotti nelle ultime due settimane”. Va sottolineato che in questa elaborazione “la previsione della caduta del Pil nazionale dovrebbe sfiorare quest’anno il 10 per cento, quasi un punto in più rispetto alle previsioni comunicate il mese scorso dal Governo attraverso la Nadef (Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza).

La tenuta occupazionale.

“La preoccupazione – spiega la Cgia – riguarda la tenuta occupazionale. Se nei prossimi mesi il numero dei disoccupati fosse destinato ad aumentare a vista d’occhio, la tenuta sociale del Paese sarebbe a forte rischio. Grazie all’introduzione del blocco dei licenziamenti, quest’anno gli occupati scenderanno di circa 500 mila unità. Un dato certamente negativo, ma lo sarebbe stato ancor più se la misura sopracitata non fosse stata introdotta dal Governo nel marzo scorso”. In termini percentuali è  il Mezzogiorno la parte del Paese “a subire la contrazione più marcata (-2,9 per cento pari a -180.700 addetti)”. E va evidenziato che “Sicilia (-2,9 per cento), Valle d’Aosta (-3,3 per cento), Campania (-3,5 per cento) e Calabria (-5,1 per cento) saranno le regioni più “colpite”. Tra le 20 regioni monitorate dall’Ufficio Studi della Cgia, “solo il Friuli Venezia Giulia, invece, sembra registrare una variazione positiva (+0,2 per cento), pari, in termini assoluti, a +800 unità. Un risultato, quest’ultimo, che, comunque, nelle ultime settimane è peggiorato notevolmente. Pertanto, non è da escludere che anche in questa regione il dato a consuntivo possa diventare negativo”.

Rilanciare la domanda interna.

Per la Cgia “se nel breve periodo alle imprese sono ancora indispensabili massicce dosi di indennizzi, nel medio-lungo periodo, invece, bisogna assolutamente rilanciare la domanda interna, attraverso una drastica riduzione delle tasse alle famiglie e alle imprese per fare ripartire sia i consumi che gli investimenti”. Occhi puntati sulla riforma fiscale “introdotta solo a partire dal 2022” e sugli “gli investimenti nelle grandi infrastrutture legati ai finanziamenti del Next Generation Eu che, nella migliore delle ipotesi, arriveranno solo nella seconda metà del 2021, espletando il loro effetto solo a partire dall’anno successivo”.

Il problema del credito.

“Con una pressione tributaria insopportabile, una burocrazia opprimente che ingiustificatamente continua a penalizzare chi fa impresa e un calo degli investimenti molto preoccupante che colpisce soprattutto quelli di natura pubblica – spiega il segretario Renato Mason – c’è un’altra grossa criticità che rischia di penalizzare tante piccole e medie imprese. Ci riferiamo alla nuova misura introdotta dall’Unione Europea in materia di credito. Per evitare gli effetti negativi delle esposizioni scadute, dal primo gennaio 2021 Bruxelles ha imposto alle banche di azzerare in 3 anni i crediti a rischio non garantiti e in 7-9 anni quelli con garanzie reali. Ovviamente, l’applicazione di questo provvedimento indurrà gli istituti di credito ad erogare con estrema cautela i prestiti alle imprese, per evitare di dovere sostenere delle forti perdite di bilancio nel giro di pochi anni”.

Crisi sociale.

“Con meno soldi in tasca, più disoccupati e tante attività che entro la fine dell’anno chiuderanno definitivamente i battenti – dichiara il coordinatore dell’Ufficio Studi Paolo Zabeo – rischiamo che la gravissima difficoltà economica che stiamo vivendo in questo momento sfoci in una pericolosa crisi sociale. Soprattutto nel Mezzogiorno che è l’area del Paese più in difficoltà, c’è il pericolo che le organizzazioni criminali di stampo mafioso cavalchino questo disagio traendone un grande vantaggio in termini di consenso. In questa fase di emergenza, pertanto, tutto ciò va assolutamente evitato, sostenendo con contributi a fondo perduto non solo le attività che saranno costrette a chiudere per decreto, ma anche una buona parte delle altre, in particolar modo quelle artigianali e commerciali, che, sebbene abbiano la possibilità di tenere aperto, già da una settimana denunciano che non entra quasi più nessuno nel proprio negozio. Infatti, solo se riusciremo a mantenere in vita le aziende potremo difendere i posti di lavoro, altrimenti saremo chiamati ad affrontare mesi molto difficili”.

(Fonte: cgiamestre.com / 07.11.2020)

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