GLOCAL di Ernesto Pappalardo »
E’ molto difficile, in questo momento, immaginare in maniera realistica che cosa accadrà nel breve e medio periodo in tanta parte del nostro Paese ed in particolare nelle aree del Sud. La tempistica del percorso amministrativo, così ben delineato, impone di renderci conto di come lo scarso funzionamento di tanta parte del circuito della macchina pubblica meridionale – ed anche di quella nazionale – si rivelerà, in caso di ampia persistenza, come sembra, determinante (in senso negativo, naturalmente). Ma resta – al di là delle non poche problematiche legate all’attuazione del Pnrr – l’interrogativo sostanziale: come ci ritroveremo noi del Sud a breve? “Migliorati”? “Peggiorati”? O, più banalmente, sempre nella stessa “barca”, che non va mai veramente avanti e, nel precipitare indietro, si adegua, nel tempo, all’effettiva (non) qualità complessiva della sua politica (quasi) totalmente auto-referenziale, capace di sganciarci da ogni valida prospettiva, per così dire, di futuro. Prende, quindi, il sopravvento, al di là del consueto “racconto” partitico che tende sempre – prima di ogni cosa – a rivendicare meriti e previsioni di qualsiasi genere, quel ben conosciuto (e già tante volte studiato) “pessimismo” nostrano. Una forma di pensiero che, in pratica, si occupa prevalentemente di circoscrivere ogni potenziale reazione avversa ai propri personali interessi (concentrati nella maggior parte dei casi sulla quotidiana “sopravvivenza”). La conseguenza più solida e immediata di questo modo di procedere si attua nel rallentamento di ogni decisione, ogni scelta, ogni attivazione di percorsi effettivamente utili a voltare pagina. Alla fine, per essere più chiari, ad attutire il cambiamento siamo proprio noi, perplessi e preoccupati, che prendiamo tempo per mettere in campo quelle famose svolte – anche di minima portata – che non arrivano proprio mai.
“Colpevoli”, “innocenti”, o solo “vittime” consapevoli – sia chiaro almeno questo – di provare a vivere in territori dove la stessa capacità di rimanere in campo – per la maggior parte delle persone e delle famiglie – senza eccessivi contraccolpi, rimane il fine primario che consente di navigare più o meno sereni.
Restano, però, tanti spigoli che finiscono con l’intaccare la maggior parte dei percorsi che – ricordiamolo ancora – portano al futuro, a tutte quelle cose che pure sono sempre al centro dei discorsi che la politica si diverte a ripetere.
E proprio sulla base di questi ragionamenti che si afferma, soprattutto in queste mesi, la piena consapevolezza delle decisioni non più rinviabili, quelle che si determinano principalmente nell’area dei più giovani, dove il rischio è più contenuto, in caso vada male, e che si configura nell’emigrazione in tutti quei centri dove le prospettive di futuro – non il futuro vero e proprio – sono ancora ampiamente percorribili.
Ecco, allora, che mentre la parte più ampia di popolazione si adegua e rimane a gestire con attenzione – e senza troppe divagazioni – la propria permanenza (che, in ogni caso, si avvale di non pochi fattori positivi), quella più giovane, invece, anche se non ha studiato (e sono molti), ci prova e va via.
Il Sud naviga in questo quadro sociale da tantissimi anni e gli effetti della pandemia si riflettono su un contesto difficile e complesso. Opportunità da cogliere con il Pnrr? Tantissime, ovviamente. Energie e sforzi per metterlo virtuosamente in campo? Moltissime. Ma siamo ancora, è bene ricordarlo, nel territorio della speranza.
Ernesto Pappalardo

Quale futuro?