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GLOCAL di Ernesto Pappalardo »

Ma, almeno, sforziamoci di riflettere e di convincerci che il nostro modo di vivere è destinato a cambiare. Anzi, è già cambiato.
Il “nodo” delle ferie, economia non ti conosco
La preoccupazione si associa ai riflessi negativi legati a logiche di propaganda politica - sia a sinistra che a destra - che si intensifica sempre più in vista della scadenza elettorale del prossimo settembre. Il rinnovo degli organismi delle Regioni evidenzia la descrizione di tante situazioni attaccate al colore partitico e alle leadership personali dei presidenti.

L’anno, ormai, è giunto al “nodo” di ferragosto e, per la verità, più che il tirare le somme di quanto accaduto – mesi difficili e tristi – suscita ancora più preoccupazione quello che ancora ci aspetta. Quasi “inutile” appare, purtroppo, in queste ore provare a ragionare di quanti rischi incombano nel contesto nel quale ci troviamo. “Inutile” perché la maggior parte della popolazione, evidentemente, “ha deciso” che deve prevalere il concetto “che è estate e che si devono fare le vacanze”. Non c’è niente che possa arginare questa considerazione. Nemmeno tentare di provare a sostenere che, invece, il rischio c’è – peraltro ben richiamato e descritto da medici, esperti, autorità eccetera eccetera – e che bisogna fare i conti, responsabilmente, con questa difficile situazione. Insomma, da un lato quanti intendono, giustamente, permanere in una condizione di attenzione e di costante valutazione delle cose e dei fatti, tentando di reagire con la necessaria determinazione. Dall’altro tutto il resto del mondo. Una situazione assolutamente ingestibile e pericolosa. Ma a questo prioritario aspetto se ne somma un altro che indirizzerà l’agenda di un Paese alle prese con un contesto economico molto difficile. Qualche numero per comprendere bene di cosa stiamo tentando di parlare.  Tra aprile e giugno scorsi il prodotto interno lordo è calato del 12,4% rispetto al trimestre precedente e –  giusto per ricordare dove eravamo un anno fa –  del 17,3% nel confronto con il secondo trimestre del 2019.

L’Istat evidenzia che il risultato del secondo trimestre attribuisce al Pil “il valore più basso dal primo trimestre 1995, periodo di inizio dell’attuale serie storica”. E che la variazione “acquisita per il 2020 è pari a -14,3%”. Il valore aggiunto ha assunto aspetti negativi “in tutti i comparti produttivi, dall’agricoltura, silvicoltura e pesca, all’industria e al complesso dei servizi”. Se consideriamo la domanda, reagisce con il segno meno sia il versante nazionale che quello estero. L’Istat ci spiega che “l’economia italiana nel secondo trimestre ha subito una contrazione senza precedenti per il pieno dispiegarsi degli effetti economici dell’emergenza sanitaria e delle misure di contenimento adottate”.

Il quadro è, quindi, abbastanza chiaro. Restano dubbi e preoccupazioni che hanno un loro fondamento, anche perché la politica – i partiti, ma anche leader e personaggi che a vario titolo gravitano nel loro arcipelago – continua a collocarsi più o meno stabilmente nell’area della distribuzione delle risorse (che certamente è un ambito importante), ma non riesce minimamente ad assumere credibilità nella programmazione rigorosa di interventi (ancora da individuare in molti casi) e iniziative che, pure, non possono più attendere.

Ecco perché la preoccupazione diventa dominante e si associa con i riflessi negativi legati a logiche di propaganda politica – sia a sinistra che a destra – che si intensifica sempre più in vista della scadenza elettorale del prossimo settembre: il rinnovo degli organismi delle Regioni da questo punto di vista evidenzia la descrizione di tante situazioni che fino ad oggi hanno vissuto in una loro dimensione. Prendono forma due opzioni: positiva o negativa, attaccate, cioè, al colore partitico e alle tante leadership personali dei presidenti delle Regioni.

E’ in questo quadro che arriva la pausa estiva. Tra emergenza sanitaria e contesto economico non c’è da stare allegri. Ma, almeno, sforziamoci di riflettere e di convincerci che il nostro modo di vivere è destinato a cambiare. Per forza di cose. Anzi, è già cambiato.

Ernesto Pappalardo

direttore@salernoeconomy.it

(Fonte: confcommercio.it/ 31.07.2020)

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