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Il procedere per rancori ed accuse ci sta portando verso una sterile dicotomia del “sì” o del “no”.
Identità culturali, violenza e ritardo della politica
La speranza di una civiltà plurale si allontana a vantaggio di una civiltà delle nazioni già sperimentata e fuori dalla storia dei flussi delle merci e delle persone.

di Pasquale Persico

Il bel libro di Franco Fabbro – “Identità culturale e violenza”, Bollati Boringhieri – offre l’opportunità di uscire dallo sterile dibattito politico che governo ed opposizioni ci offrono; il loro procedere per rancori ed accuse ci sta portando tutti a dibattere attraverso la sterile dicotomia del “sì” o del “no” rispetto alle diverse proposte,  frammentando ogni visione che si proponga di ragionare sulle origini e sulle soluzioni dei problemi che affliggono l’Italia e l’Europa. Intanto, la tappa delle elezioni europee si avvicina e noi ancora non riusciamo a compendere il messaggio di Camus ripetuto da Franco Fabbro nel libro appena citato. Ancora Camus. Esporre precocemente i bambini e possibilmente anche gli adulti alla pluralità delle lingue e delle religioni, secondo ricerche consolidate, favorirebbe una più efficace regolazione dei comportamenti aggressivi. L’autocoscienza di una civiltà plurale allontanerebbe la rivendicazione dell’identità culturale e storica immersa nella retorica populista che allontana la complessità delle diagnosi sulle cose da fare.

“Prima gli italiani” è il messaggio miope che sembra accompagnare gli schieramenti – di governo e non – con diversa enfasi sugli interessi della nazione Italia che, in realtà, avrebbe bisogno di un ragionamento “largo” sulla sua collocazione geografica e storica evitando – come hanno fatto la Gran Bretagna e la sua classe dirigente – di non accorgersi dell’irrinunciabilità delle reti di relazioni che la storia dei luoghi ha tessuto intrecciando nodi  e culture ibride aperti al ai quali non si sa rispondere costruendo una prospettiva risolutiva.

Il ritardo in termini di aggiornamento e sviluppo  tecnologico dell’Italia (la produttività totale dei fattori) è legato anche alla negligenza che i partiti – nella loro instancabile attività di conquista di ogni spazio di potere – hanno favorito contravvenendo alla missione costituzionale di stimolare il salto di scala dal punto di vista dell’efficacia delle istituzioni,  da quelle europee agli enti locali. Un politica collaborativa sul piano del dialogo tra istituzioni, lontana  dalla politica di “appropriazione” delle stesse, ancora non è nata.

La speranza di una civiltà plurale si allontana a vantaggio di una civiltà delle nazioni già sperimentata e fuori dalla storia dei flussi delle merci e delle persone, che accompagna oggi il mondo verso una nuova configurazione geografica, sia politica che sociale; la nostra identità in transizione rischia di perdere memoria e progetto proprio perché non ha saputo guardare al tema della città o delle regioni di passaggio, da vivere  come metamorfosi necessaria.

Foto Pasquale Persico
Pasquale Persico
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