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I numeri dell'economia »

Come si manifesta l’involuzione del pensiero politico occidentale che arretra di fronte all’uomo che comanda (sempre).
Ha vinto Trump, si restringe lo spazio dell’economia civile
Se prevalgono la gestione "privatistica" del bene pubblico e le varie forme di ampliamento della distribuzione dei beni - perché vincono sempre i "ricchi" - è l’inizio della nuova marcia involutiva del presidenzialismo.

di Pasquale Persico

Il mondo occidentale guidato dagli Usa si è predisposto per un esito da “suicidio” globale,  rinunciando ad una evoluzione verso un’economia civile, cioè basata su temi fondativi, come la sussidiarietà e la reciprocità, senza trascurare l’etica. Gli spazi per i cittadini del mondo saranno meno liberi, ci saranno sempre muri direzionali o di divieto delle attività. Mirare ad una civiltà dei giusti diventa un miraggio che si allontana, fino a dovere interpretare i temi di una saggio di A. Margalit, che rappresenta una crescente società indecente. Certo le probabilità di avere una civiltà indecente stavano maturando da tempo ma mancava la nazione leader del cosiddetto occidente democratico. La prospettiva di una società a bassa densità di socialità era già percepibile subito dopo la pandemia, quasi un’evidenza misurabile, per il Prof. Ugo Pagano, emerito a Siena. Egli  segnala la perdita di condivisione della conoscenza come prassi crescente. Dal 1990, la tendenza a moltiplicare i beni posizionali da parte del potere politico (per la sopravvivenza dei partiti) è misurabile, anche nel settore privato, oltre che nel settore pubblico; esso incide sulle diseguaglianze, ma soprattutto impedisce di dare spazio ai beni relazionali ed alla  democrazia sostanziale.

Non a caso è emerso, dopo la crescente globalizzazione, un sovrappeso parassitario a sostegno  delle posizioni di potere e del lusso. Anche le istituzioni hanno mostrato esempi di governance di assoluta inefficacia, per l’assenza di reciprocità e sussidiarietà, praticata e orientata alla giusta fattibilità.

La prospettiva è chiara, il benessere delle nazioni non potrà che peggiorare, se misurato in termini di esclusi dal diritto alla cittadinanza attiva e  sostanziale, cioè con accesso ai beni necessari. Le società autenticamente liberali e plurali tenderanno a diventare minoranze, fino ad un improbabile risveglio nella storia  che verrà. La partecipazione attiva si attenuerà di molto, specie nel mondo della conoscenza (vedi Ugo Pagano ed il racconto dell’Europa nella recente pandemia, nel libro scritto con Barca). Il monopolio della conoscenza diventa un ritardo in termini di sviluppo e di distribuzione del reddito, che andrà al galoppo nel concentrarsi in nuove oligarchie, spesso nascoste.   La probabilità che il consumo dei ricchi possa crescere all’infinito, per fortuna, è un paradosso fuori dalla storia, sebbene ben rappresentato sui media. Non sappiamo quando e come potrà cambiare il vento del mutamento e ci troviamo dentro un’atmosfera del tempo elisabettiano, quando “l’indecenza”  era la prassi del comportamento sociale, già richiamato dalla citazione sul saggio di Margalit. Piantare patate e legumi come manifestazione di uno sciopero umano (quello generale dei sindacati è in difficoltà) per iniziare a fare emergere la società del bastevole, per poi andare ad aprire tutte le biblioteche per far crescere il tasso di conoscenza condivisa, potrebbe essere un buon passo per ridare voce al che fare. Le responsabilità storiche di questo disastro andranno studiate con più metodo perché spesso è emerso la semplice velocità del racconto sui massimi sistemi. La geografia del mondo che cambia è stata trascurata poggiando l’attenzione sulla cinematica delle statistiche e i discorsi delle leadership già in confusione mentale.

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Pasquale Persico
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