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GLOCAL di Ernesto Pappalardo »

Come cambia lo scenario dell’informazione tradizionale al tempo dei social.
Giornali “glocali”, sfida cruciale per il Sud
Ha ancora senso fare distinzioni tra giornalismo “locale” e “nazionale”? Nell’era delle autostrade digitali e della degerarchizzazione delle notizie (e delle fonti) è sempre più necessario costruire “prodotti” editoriali capaci di imporre la propria agenda a prescindere dal posizionamento geografico.

La prevalenza delle suggestioni mediatiche rispetto alla descrizione realistica del quadro economico – e dello scenario politico – è, ormai, una costante di cui tenere prioritariamente conto per tentare di mettere più o meno a fuoco le dinamiche in atto. Naturalmente, le cose si complicano non poco se l’osservatorio dal quale, per forza di cose, si sviluppa l’analisi è posizionato in una provincia del Sud: in questo caso è ancora più difficile riuscire a “leggere” con immediatezza non solo i trend produttivi, ma anche le evoluzioni convulse del quotidiano “teatrino” della politica. E’ evidente che il ruolo dei media più tradizionali – che dovrebbero rivelarsi più adeguati ad approfondire tematiche (e problematiche) fortemente impattanti sulla quotidianità delle diverse fasce di popolazione – diventa ancora più fondamentale. Va da sé che, invece, in molti casi la “filiera” dell’informazione locale non riesce a dare risposta a questa domanda di notizie e di analisi che nella maggior parte dei casi resta, per così dire, “inevasa”. E’ ovvio che non è una criticità inerente soltanto alla “filiera” dell’informazione locale meridionale. Ma è altrettanto chiaro che la debolezza – da vari punti di vista, a cominciare dai numeri diffusionali – è molto più consistente al Sud che al Nord.

Le ragioni sono molteplici e si inseriscono in un contesto di “debolezza” culturale che va ben oltre il perimetro dell’editoria e dell’informazione/comunicazione. Ma proprio la situazione attuale rilancia con forza la necessità di interrogarsi senza infingimenti su quale travaglio stia attraversando il giornalismo “locale”. Anche perché la prima domanda da porsi non può non riguardare se abbia ancora senso fare distinzioni tra giornalismo “locale” e giornalismo “nazionale”. Nell’era delle autostrade digitali e della degerarchizzazione delle notizie (e delle fonti) è ancora valida la distinzione categoriale tra locale e nazionale? Non c’è dubbio alcuno che il locale può assumere in maniera molto più diretta – e, appunto, degerarchizzata – valore e dimensione nazionale a prescindere dai processi organizzativi del circuito mediatico ed in particolare di quello giornalistico. In realtà è sempre stato così, si potrebbe obiettare. Ed in parte è verissimo. Ma oggi – nell’era della ormai inflazionata disintermediazione – a cancelli redazionali ampiamente violati dal flusso continuo ed ininterrotto di notizie e, soprattutto, di non-notizie (o meglio ancora di fatti e di non-fatti), proprio dalle letture “glocalizzanti” – capaci, cioè, di incrociare “letture” locali e “letture” nazionali (e viceversa) – potrebbe/dovrebbe emergere la costruzione di un racconto sufficientemente affidabile di quanto accade intorno a noi.

E, invece, che cosa succede? I “presìdi” info/comunicativi più strutturati – anche in termini di professionalità interne – scelgono (al Sud come al Nord, ma con mezzi ed energie anche finanziarie differenti, questo va detto) un’altra strada, almeno nella maggioranza dei casi. Non provano a rendere quanto meno interattivo il dialogo locale/nazionale o – se si vuole – locale/globale. Accettano la competizione sul sentiero perdente della rincorsa ai social o attendono di raccogliere i temi nazionali/globali per “misurarli” in chiave locale. Di fatto si auto-condannano ad un “racconto” residuale e “periferico” di quanto accade intorno a noi e restringono le probabilità di affermazione e di emersione “globale” del reale vissuto quotidiano di tanti territori meridionali.

Come se ne esce? Non ci sono ricette, né soluzioni miracolose. L’unico “rimedio” resta un antidoto antico quanto la professione giornalistica: il rafforzamento della cultura della responsabilità professionale – non mancano al Sud numerosi e ammirevoli esempi – e la presa di coscienza di dovere realizzare un prodotto giornalistico scevro da condizionamenti o sudditanze all’agenda mediatica che si auto-afferma nei grandi giornali del Nord. Anche un piccolo o piccolissimo giornale meridionale può diventare tutte le mattine un giornale “glocale” che riesce ad imporre la sua agenda semplicemente perché ha lavorato bene e con grande professionalità. Accade spesso, ma occorrono maggiori garanzie professionali ed un tessuto editoriale più strutturato e più indipendente dalla politica e dall’economia.

Ernesto Pappalardo

direttore@salernoeconomy.it

@PappalardoE

Immagine Glocal giornali carta stampata
Etica della responsabilità (?)
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