Lo speciale »
di Pasquale Persico
Anfione, con la poesia e con la cetra aveva fatto levare, con dolcezza, dalla terra, i massi adatti a formare le mura di Tebe; questa volta, l’ipotesi utopica è più ambiziosa: la Casa della Poeta e della Poesia, sognata dall’Artista Ugo Marano, e la Casa di Pietra di GUM Design, ripartono dall’Area Archeologica di Grumentum; aiutate dalla danza delle Muse, sempre in campo, sempre a Grumentum, nuovi progetti ispirano il volare di pietre strutturanti per la città che verrà. L’obiettivo da fare emergere dal territorio di area vasta che vive tra montagne e fiumi della Val d’Agri, è un approccio nuovo alla metamorfosi che dimostra che la realtà può essere un’altra. Poi, ci si può allargare nel Golfo Di Taranto, con Taranto sulla sinistra e Sibari sulla destra, e concepire una Cosmopolis di nuova urbanità. Il nome verrà, ed emergerà dalla capacità dell’uomo nuovo sapiens, e nuovo Anfione, di partire da un primo centro di una ellisse in Val d’Agri, per disegnare l’ipotesi di un secondo centro, che si specchia con il primo , dal Mediterraneo concettuale immaginato da A. Camus come luogo della Mixité fertile. Una città ovale verrà poggiata su una nuova geografia, frutto del pensiero capace di rispettare gli esseri terra definiti dalla terza ecologia.
La città nova non può non partire dall’archeologia disegnata dalla storia per aprirsi come biblioteca Warburg che legge e riposiziona concettualmente il potenziale conoscitivo dell’ area vasta; si tratta di indossare gli occhiali della mente di Shimamoto, per riconoscere il bianco infinito ed i colori della città contemporanea desiderabile.
L’ipotesi affronta, partendo dal concetto di utopia radicale e concettuale, il tema del contributo delle neuroscienze alla definizione del grado di complessità della possibile fattibilità; essa affronta con un nuovo approccio di Anticipatory Governance, il Design urbano necessario, come arcipelago di urbanità, da fare emergere con perseveranza. Si riparte dal concetto di Certosa Esplosa del piano strategico del Cilento, per far emergere la Città del quarto paesaggio; questa volta, però, è l’Archeologia Esplosa a fornire la direzione del viaggio; tutte le fasi storiche, che hanno accompagnato la storia complessa dell’Homo Sapiens, fino a quella contemporanea , ci aiuteranno ad immaginare la transizione urbana ed ambientale necessaria.
Si potrebbe partire dallo studio della città di Cartesio, che come prima riflessione potrebbe aiutare per far riapparire la città della geometria tecnica e della forma, dove la simmetria alla città propone luoghi dove cittadini e viandanti godono delle funzioni estetiche e funzionali; Ferrara e le motivazione del riconoscimento di Patrimonio Unesco, oggi sono richiamate spesso per disegnare la città dei 15 minuti per l’accesso a beni essenziali. Ma anche Parigi del 1625 appariva come un melograno d’amore e Placet des Vosges come diamante colorato.
Ma la città di Cartesio come filosofia della città vuol dire anche affrontare il problema del rapporto città- natura, qui Cartesio si sposa con Bacone e poi anche con Leibniz; e come filosofi del sei-settecento concepiscono la fondazione della città-natura come rincorsa tra mondo naturale e mondo umano; quest’ultimo è già mondo tecnico e dei saperi. Dominando la Natura, l’uomo si accorge con ritardo di dovere preparare una futura conciliazione: questo avviene nel divenire storico? Oggi la risposta è chiara?
Appare la città di Leibniz, dove la natura si esprime, l’urbanistica razionalizzante e funzionalista sostituisce ai giardini naturali le aree verdi. Nella Londra dei parchi, la natura diventa uno strumento per la prassi del progetto .
Oggi diremmo che la rete ecologica ispira il cambiamento possibile, che si addolcisce nella sua evoluzione necessaria. La città (l’architettura), l’agricoltura (la campagna) e la Natura (le aree in evoluzione naturale) si compenetrano tanto che nonostante le discontinuità del costruito la natura si fa pittura essendo definibile come architettura che si fa paesaggio.
Dalla Natura apprendiamo che difficilmente due foglie o due efflorescenze sono identiche e quindi è grazia produrre un molteplice vario, a somiglianza del molteplice della natura e non un molteplice seriale ( la città delle valenze per immobiliari).
Ma se ad Anfione possiamo intitolare la città storico –naturale, figlia della parola e del canto, oggi, al suo opposto, la città moderna fatta anche di bei centri storici, quando si riescono a trovare( vedi Lecce), si presenta come città in fuga verso funzioni sovrapposte (le città metropolitane dominano il mondo).
L’antagonista di Anfione è , in questa nuova visione, Prometeo, il dio tracotante che sovverte l’ordine della natura per far dono agli uomini, creature di un sol giorno nella storia della terra, di poteri che spettavano agli immortali consapevoli ed inconsapevoli.
La storia delle Città Europee, distrutte dalla guerra, rovescia completamente il rapporto tra vita contemplativa, o del pensiero, e vita attiva o dell’azione.
Prometeo vince sempre su Anfione dispensando il miraggio del massimo benessere: le industriose città del Nord- America ed il non controllo delle città del Sud America, parlano di questo. E’ lo stesso Prometeo che illude l’Europa suggerendo alle città di aderire alla globalizzazione tecnologica del mondo.
La città diventa contemporaneamente familiare e estranea, le periferie annunciano città uguali, si rischia di perdere l’identità vissuta o quella sognata.
Chiudiamo gli occhi in treno 10 minuti prima di arrivare a Ferrara e 20 prima di arrivare a Venezia, quindici prima di arrivare a Roma e sempre quando viaggiamo verso Sud, tranne che non vogliamo guardare il mare e le stelle. Il PNRR, ci parla invece della città di Ammon-Ra, la città dove si vive solo l’adesso, si entra nella città e si perde memoria ; nel vivere il giorno, non si riesce a pensare nemmeno al programma di domani, la mente non ha favole da raccontare a se stessi. Le città sono cambiata in se stesse per alterità di sé e non per alterità da sé.
Mentre prima la città restava se stessa in quanto diventava diversa in se stessa ( come ognuno che cresce), seguendo un percorso di mutazione evoluzione e sviluppo (quasi desiderato cioè non diversa da se stessa), oggi lo spazio nuovo non è un multiplo riconoscibile ed il dentro della città nata ieri perde identità di segni e di progetto. Il turista o il residente nel tempio di Ammon-RA hanno, ognuno, la città percepita, che non sa parlare che dell’adesso che gli altri vogliono.
Cosmopolis è lontana o vicina? Ma Cosmopolis deve essere desiderata ? Per fare questa ipotesi occorre una traslazione utopica ed immaginare la città di Pasteur come infrastruttura temporanea e contemporanea.
Pasteur parte dall’idea che nelle attuali condizioni ambientali l’organismo (ANCHE QUELLO SOCIALE) non prende spontaneamente vita dal materiale inorganico (contenitori da progettare).
Scampia è un esperimento di chimica che non ha vita biologia orientata al futuro ma una socialità distruttiva in contenitori pieni di libertà avversa.
Il laser come laboratorio attivo per la città nuova può suggerire attraverso attivazioni o inibizioni le modalità per bruciare le incoerenze (o rallentarle) e favorire le coerenze fino a ricordarsi con l’Einstain del 1925 delle radiazioni indotte: il fotone si lega a chi l’ha indotto e può evolversi in maniera coerente guadagnando qualità o virtuosità del processo. Illuminare con il Laser di progetto i frammenti significativi della Città Moltiplicata potenziale, rende possibile il percorso della città di Pasteur che cerca di provocare una massa critica di cellule virtuose che autogenerandosi risanano il tessuto per farlo rivivere: temporaneamente la città nuova appare . Questa si nutre di nuovi paradigmi, identità e sviluppo, identità e diversità, e molteplicità al quadrato, fino a immaginare temporaneamente di arrivare all’identità felice come progetto di impegno della comunità urbana , sostenibile e riconoscibile, allargata a più società, comunità nuove possibili. La città diventa di frattali strutturanti il nuovo albero della vita urbana.
L’esperienza urbana della Val d’Agri e del golfo di Taranto è ricca di attraversamenti della storia. Le città di cui si è parlato sono tutte rappresentate.
Si può allora immaginare un esperimento in cui la città di città può essere concepita e valorizzata? Non è questo un paradosso, ma un futuro da affrontare ; i disastri di Taranto ed alcune incoerenze visive di molti altri insediamenti , a partire dal tema delle strategie di estrazione di materiali e fonti energetiche multiple, ci dicono abbastanza e di più delle fragili aree industriali presenti. Ascoltando la voce di A. Camus, possiamo far emergere la necessità di concepire un contropiede per ribellarci alla storia che ci assale. I numerosi comuni dell’Assenza possono sperare di poter rientrare nella storia dalla porta principale? Il suggerimento di Camus può essere visto come sogno apparso di recente nella biblioteca del comune di Grumento Nova? Una piccola raccolta di libri nella biblioteca è segnalata come arrivata dalla Francia appena 15 anni dopo la nascita delle macchine stampatrici dei primi libri; un tesoretto che attrae ricercatori e ripropone domande sui frammenti archeologici che parlano di attraversamenti. Allora la mostra visionaria , Ancor Camus, proposta dall’Artista Mimmo Longobardi, annunciata nell’area archeologica dal progetto DNA Maratea Contemporanea, ed accompagnata da mille Bandiere d’Artista disegnate su vele dismesse, è l’immaginario per costruire la città moltiplicata di Pasteur e parlare dell’arcipelago urbano della terza ecologia?
Cosmopolis è lontana o immaginabile? Mille e più certosini costruttori non bastano a ricucire gli strappi della storia e della geografia dei luoghi? Un’Accademia in-disciplinata dovrà farsi universale e far emergere milieu creativi di discipline capaci di dialogare tra LORO; un nuovo apprendimento trasformativo comporta una moltiplicazione delle esperienze. La consapevolezza deve emergere dalla storia dell’area vasta , rivisitando tutte le relazioni con gli altri esseri umani del mondo e con gli esseri naturali. L’emersione delle strutture di governance devono ispirare l’approccio alternativo. Come ci suggerì a suo tempo Leonie Sandercock, con il suo libro Cosmopolis, deve nascere una sfida alla pianificazione esistente, con rappresentazioni alternative che scaturiscono dalle pratiche, oggi, non esistenti. La forza ispiratrice della nuova Anticipatory governance deve incoraggiarci a moltiplicare le conversazioni sulla città del terzo paesaggio in evoluzione verso il quarto, dove il bastevole ispira comportamenti di nuova urbanità.
Le Utopie, se concepite, devono essere contestualizzate. La mia esperienza di ricerca ed azioni è scoraggiante solo in parte; il catalogo degli insuccessi non è soffocante ma ispira nuove ipotesi per superare i conflitti; non possiamo in questa fase storica rinunciare all’epistemologia della molteplicità; bisogna consolidare le nuove fonti di conoscenza in un mondo dove il processo di monopolizzazione della conoscenza è vivo e vegeto. Rimane questo il nodo per imboccare la strada dei nuovi processi trasformativi, di pianificazione veramente essenziale , e non speculativa. Il riformismo sociale è in stallo ed abbiamo bisogno di inventare e praticare un nuovo vocabolario per descrivere la città sperimentale in evoluzione. Un’Accademia innovativa potrebbe nascere facendo incontrare il Cavaliere di Grumento, finalmente bianco Shimamoto, invece di essere nero, ed il gatto selvatico di Mattei, con i nuovi cagnoni a sei zampe dell’ENI , già in campo , uno colore giallo sole e l’altro di colore verde natura.
Enrico Mattei, in una raccolta di pensieri, il libricino pubblicato da Edizioni Comunità, Il complesso di inferiorità, ci spiega come fare: Dicevano che in questo paese, e in questi luoghi, non si sarebbe mai potuto fare niente. Ma la realtà può essere un’altra: le trasformazioni dell’ambiente sociale, dell’ambiente naturale, della mentalità, delle attitudini, delle attività tradizionali devono stare dentro un progetto di nuova pazienza, per aprire orizzonti di fiducia, reciprocità e sussidiarietà; noi (ENI) dobbiamo dimostrare di credere in noi e voi tutti.
Ecco una possibile visione del piano Mattei che guarda lontano, e si riconosce in Mattei del libricino citato.

Pasquale Persico