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«Schiaffino, con le sue giocate magistrali, organizzava il gioco della squadra come se stesse osservando tutto il campo dalla più alta torre dello stadio».
(Eduardo Galeano nel libro Fútbol a sol y a sombra).
Juan Alberto Schiaffino Villano (Montevideo, 28 luglio 1925-Montevideo, 13 novembre 2002) è stato un uruguaiano naturalizzato italiano, che ha occupato i ruoli di interno sinistro e di regista. Soprannominato “Pepe”, e ribattezzato in patria “El dios del fútbol”, è stato considerato uno dei più forti giocatori della storia del calcio, se non il migliore, senza dubbio il migliore uruguaiano di tutti i tempi. Occupa la 70ª posizione nella classifica dei migliori calciatori del XX secolo pubblicata dalla rivista World Soccer e la 17ª posizione nell’omonima lista pubblicata dall’IFFHS. Questa rivista lo ha posizionato al 6° posto nella classifica dei migliori calciatori sudamericani del XX secolo. Schiaffino ha giocato in club importanti: Peñarol, Milan, Roma vincendo 5 campionati uruguaiani e 3 scudetti. Ha indossato le divise della nazionale uruguaiana e di quella italiana. Con la nazionale, fu protagonista del Maracanazo e fu campione del mondo nel 1950. Schiaffino nacque a Barrio Sur, a pochi edifici di distanza dalla vecchia sede del Peñarol. Suo padre, Raúl Gilberto, era impiegato all’Ippodromo di Maroñas, e sua madre era una casalinga paraguayana. Il nonno paterno Alberto, originario di Camogli (Genova), emigrò nel Sud America agli inizi del Novecento ed aprì una macelleria. Da bambino si trasferì a Pocitos, dove cominciò a giocare a calcio. Non avendo entrate decenti, svolse anche altri lavori: il fornaio, il commesso in una cartoleria e l’operaio in una fabbrica di alluminio. Suo fratello maggiore Raúl, di due anni più vecchio, giocò come centravanti nel Peñarol, squadra nella quale poi lo raggiunse. Raúl fu capocannoniere della Primera División nella stagione 1945. Fu la madre, María Eusebia, a battezzarlo “Pepe”. Schiaffino era un ragazzo chiuso, introverso. Faceva di testa sua, creava a volte tensioni con i compagni e l’allenatore.
Fu il primo calciatore a gestirsi gli ingaggi con criteri manageriali. Al Milan, nei giorni liberi da impegni, andava in Svizzera per occuparsi di speculazioni finanziarie. Riusciva ad ottenere ottimi profitti che poi reinvestiva, acquistando appartamenti e negozi. Nel 1962, terminata la carriera di calciatore, tornò a Montevideo e continuò a fare affari nel settore immobiliare.
Si sposò con Angelica nel 1952, conosciuta 10 anni prima in autobus. La coppia non ebbe figli. Lei morì sei mesi prima di lui – che la seguì il 13 novembre 2002 – a causa di un tumore, dopo avere passato gli ultimi mesi ricoverato in un ospizio.
Il giorno della sua morte il Senato della Repubblica uruguayana gli conferì un tributo. Jorge Larrañaga chiese che nell’ordine del giorno ci fosse uno spazio per rendergli omaggio: così fece un discorso come riconoscimento per la sua carriera. Fu sepolto nel Panteón de los Olímpicos, cimitero di Montevideo riservato ai calciatori uruguaiani campioni olimpici nel 1924 e 1928 e vincitori ai mondiali del 1930 e del 1950.
«Forse non è mai esistito regista di tanto valore. Schiaffino pareva nascondere torce elettriche nei piedi. Illuminava e inventava gioco con la semplicità che è propria dei grandi. Aveva innato il senso geometrico, trovava la posizione quasi d’istinto», (Gianni Brera). Esile fisicamente, è stato un centrocampista polivalente. Talento e una tecnica calcistica fuori dal comune, aveva il vizio del gol con un tiro preciso ma non troppo potente. Un interno sinistro molto abile nella rifinitura, dotato di un’ottima visione di gioco, in grado di leggere in anticipo lo sviluppo del gioco. Sempre Brera lo definì un interno impareggiabile, mentre Cesare Maldini, suo ex compagno di squadra, disse: aveva un radar al posto del cervello.
All’inizio fu schierato in posizioni offensive, dopo la vittoria ai mondiali in Brasile nel 1950 – ed in particolare nel corso della carriera italiana – si tramutò in regista, posizione che gli consentiva di dirigere la manovra e di dettare i tempi a tutta la squadra. Negli ultimi due anni, alla Roma, arretrò ulteriormente nella posizione di libero. È considerato l’inventore del tackle in scivolata, gesto tecnico che gli permetteva di rubare la palla agli avversari, intervenendo da dietro. Nessuno conosceva all’epoca questo tipo di azione, nemmeno gli arbitri che gli fischiavano spesso fallo. Fin da giovane dimostrò di possedere l’intelligenza e la sapienza di un veterano.
L’intelligenza di gioco di Schiaffino è stata fotografata dal cantautore Paolo Conte in una delle sue più celebri canzoni, “Sudamerica”, inserita nell’album Un gelato al limon del 1979 ed in seguito interpretata anche da Enzo Jannacci, Ivano Fossati, Francesco De Gregori e Roberto Benigni:
«… l’uomo che è venuto da lontano, ha la genialità di uno Schiaffino, ma religiosamente tocca il pane e guarda le sue stelle uruguaiane…», (dal brano “Sudamerica” di Paolo Conte).
Schiaffino vinse 5 titoli nazionali in Uruguay (1945, 1949, 1951, 1953 e 1954). Disputò 227 partite di campionato realizzando 88 reti. Inoltre, sempre con il Peñarol, vinse 5 tornei Competencia (1946, 1947, 1949, 1951, 1953) e 8 tornei Honor (1945, 1946, 1947, 1949, 1950, 1951, 1952, 1953). Pereyra Natero, Vidal, Míguez, Ghiggia, Enrique Hugo, González, Schiaffino, Varela, Possamay, Ortuño, Hohberg, era la formazione titolare del Peñarol – considerata la più forte di tutta la storia del club – che vinse il titolo nazionale nel 1949.
Grazie alle sue prestazioni ai mondiali del 1950 e del 1954 Schiaffino si fece conoscere in tutto il mondo e dall’Italia arrivarono diverse richieste. Il primo tentativo, del Genoa, non andò a buon fine: gli emissari rossoblù non conclusero la trattativa, perché reputarono il prezzo del calciatore troppo alto. In seguito fu il Milan a fargli la corte e questa volta ci fu l’accordo. L’incontro con Mimmo Carraro, allora dirigente dei rossoneri, si svolse a Hilterfingen, in Svizzera, nel ritiro della nazionale uruguaiana pronta a disputare i mondiali del 1954. Una volta ufficializzato il trasferimento – per la cifra di 52 milioni di lire – il quindicinale Peñarol di Montevideo titolò: «Se nos fué el Dios del Futbol. Irreparable perdida». Schiaffino arrivò in Italia quasi trentenne: la sua carriera non era sul viale del tramonto, come credevano i dirigenti del Peñarol.
Esordì con la maglia rossonera il 19 settembre 1954 in Milan-Triestina (4-0), partita nella quale realizzò una doppietta. Al primo anno vinse subito il campionato. Il 26 gennaio del 1955, in occasione di Milan-Udinese – recupero della dodicesima giornata – Schiaffino fu accusato di avere rivolto gravi ingiurie all’arbitro Corallo. Secondo i rapporti dello stesso arbitro, il giocatore – strofinandogli davanti pollice ed indice – gli disse «Voi arbitri italiani siete tutti venduti». Per questo episodio fu squalificato per cinque giornate.
L’uruguaiano prese parte al provino del golden boy in rossonero, caldeggiandone l’acquisto da parte del Milan. Nel 1956 il Milan cambiò allenatore: prese Gipo Viani, con il quale ebbe un rapporto difficile. Con il Milan vinse tre scudetti (1954-1955, 1956-1957, 1958-1959) e una Coppa Latina nel 1956. Sfiorò la vittoria della Coppa dei Campioni nel 1958. Realizzò tre reti al Manchester United nelle semifinali e segnò all’Heysel uno dei due gol del Milan nella finale persa per 3-2 ai supplementari contro il Real Madrid di Alfredo Di Stéfano.
Proprio Di Stéfano, in quel periodo, era suo antagonista per lo scettro di miglior calciatore del mondo. I suoi gesti tecnici erano apprezzati anche dalle tifoserie avversarie che gli dedicavano ovazioni spontanee. In totale con il Milan disputò 171 partite, marcando 60 gol. Il 5 giugno 1960 contro l’Atalanta fu la sua ultima partita con il Milan. Nel 1960 Schiaffino fu venduto alla Roma per 102 milioni di lire, una cifra considerevole per l’epoca.
Concluse la sua carriera alla Roma, giocando due stagioni, fino al 1962. A 35 anni il fisico non lo sosteneva più tanto, così arretrò trovando la posizione di libero, davanti al portiere. Anche alla Roma diede il suo contributo, vincendo già alla prima stagione la Coppa delle Fiere, anche se non giocò la finale.

Juan Alberto Schiaffino con Gianni Rivera