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I dati contenuti nel 5° Rapporto Agi-Censis presentato nei giorni scorsi a Roma.
Economia circolare, opportunità sottovalutata
Italia al primo posto per la reintroduzione dei materiali recuperati all'interno dei processi produttivi: il 18,5% di riutilizzo contro il 10,7% della Germania.

di Giuliano D’Antonio*

Come spesso accade le dinamiche legate alla riduzione dell’impatto ambientale dei processi produttivi, al recupero dei materiai utilizzati ed ancora utilizzabili e, quindi, alla tutela dell’equilibrio naturale dei territori, entrano spesso nel cono d’ombra della disattenzione, per così dire, da parte del circuito mediatico e comunicativo più in generale. E’ evidente che dietro questo atteggiamento ci sia un ritardo culturale, ma anche una presenza ben radicata di potentati e lobby che, ovviamente, non hanno alcun interesse a cambiare i percorsi di redditività che dominano senza grandi problematiche le relazioni nei mercati. Eppure, il sistema-Italia rappresenta una realtà di primissimo piano anche in questo ambito di riferimento. Ulteriore ed autorevole conferma arriva dalla quinta edizione del Rapporto Agi-Censis presentato nei giorni scorsi a Roma dedicato, non a caso, al tema: “Perché all’Italia conviene l’economia circolare” e realizzato nell’ambito del programma pluriennale “Diario dell’innovazione” della Fondazione Cotec, che studia le reazioni degli italiani di fronte ai processi innovativi.

“Di economia circolare – si legge in una nota di sintesi del Censis del 12 ottobre scorso – si parla ancora poco nel nostro Paese, ma è un ambito in cui l’Italia ha buone carte da giocare. Siamo il Paese con il più basso consumo di materiali grezzi in Europa, tra i più bravi ad estrarre valore dalle risorse utilizzate, al primo posto per circolazione di materiali recuperati all’interno dei processi produttivi e si stima che l’industria del riciclo produca l’1% circa del Pil. Sono i numeri a dire che il nostro Paese è un punto di riferimento in Europa quando si parla di economia circolare”.

I numeri.

Se si scende nel dettaglio dei numeri, il quadro risulta ancora più chiaro. “Abbiamo – spiega sempre il Censis – il più basso consumo domestico di materiali grezzi: 8,5 tonnellate pro-capite contro le 13,5 della media europea. Siamo tra i più bravi ad estrarre valore dalle risorse utilizzate: 3,34 euro per ogni kg di risorse, contro un valore medio europeo di 2,20 euro per kg. Siamo al primo posto per circolazione di materiali recuperati all’interno dei processi produttivi: il 18,5% di riutilizzo contro il 10,7% della Germania”.

Numeri sui quali riflettere anche quelli relativi al ciclo dei rifiuti. “Sulla totalità dei rifiuti prodotti (129 milioni di tonnellate) – specifica ancora il Censis – solo il 21% viene avviato allo smaltimento (contro il 49% della media europea). Sulla totalità dei rifiuti trattati, l’Italia ne avvia al riciclo il 76,9% (il 36,2% nella media Ue). Nel 1999 il 68% dei rifiuti urbani veniva mandato direttamente allo smaltimento, ma oggi questa percentuale è scesa all’8% circa. Si stima che la sola industria del riciclo produca 12,6 miliardi di euro di valore aggiunto (circa l’1% del Pil)”.

Il mercato dei beni usati.

Anche in questo caso l’approccio degli italiani è estremamente positivo. “Nel 2017 – documenta il Censis –  il 48% degli italiani ha acquistato o venduto beni usati, con una crescita dell’11% rispetto al 2016: un mercato che vale 21 miliardi di euro (l’1,2% del Pil). Il 42% degli acquisti è avvenuto online. Gli iscritti a servizi di car sharing sono raddoppiati in due anni: da 630.000 nel 2015 a 1.310.000 nel 2017”.

L’interesse delle imprese.

L’economia circolare è un tema particolarmente seguito dagli imprenditori, come si deduce da un’indagine del Censis volta a cogliere gli orientamenti e il sentiment di un panel qualificato di 1.073 soggetti che occupano posizioni di rilievo nel panorama socio-economico del Paese (imprenditori, liberi professionisti, docenti universitari, dirigenti d’impresa e funzionari pubblici). Il 40% “sa bene di che cosa si tratta”. Il 70% “ritiene che non riguardi solo il recupero, riciclaggio e riuso dei materiali, ma anche la produzione di beni”. Per il 78% “il principale vantaggio dell’economia circolare sarà la salvaguardia dell’ambiente”. Ma ancora pochi “sono consapevoli che potrà avere un impatto sul Pil e sull’occupazione”. Per il 73% “si imporrà solo se la politica creerà condizioni favorevoli (i giovani chiedono vantaggi economici evidenti, mentre gli over 65 anni privilegiano azioni che incidano sulla sensibilità collettiva). Per il 60% “spetta all’Unione Europea guidare il cambiamento”. La sharing economy (40%) e la decarbonizzazione (36%) “sono i processi innovativi maggiormente correlati”.

*Presidente Fonmed (Fondazione Sud per la Cooperazione e lo Sviluppo del Mediterraneo)

Foto D’Antonio Giuliano
Giuliano D'Antonio
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