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Sottoscritto il documento congiunto da trasmettere al Governo sulle priorità per la ripresa dell’area meridionale del Paese.
E ora ripartiamo dal Sud
Confindustria, Cgil, Cisl e Uil “condividono l’idea che il ritorno dell’Italia su uno stabile sentiero di crescita sia strettamente legato al rilancio economico e sociale del Mezzogiorno, che rappresenta un pezzo importante dell’economia nazionale ma che mostra forti divari con le due principali leve di sviluppo, l’impresa e il lavoro”.

Il Mezzogiorno al centro delle dinamiche positive di rilancio del Paese. Industriali e organizzazioni sindacali ci credono e il documento che mette nero su bianco questa visione entra nel merito delle questioni centrali sul tappeto. A siglarlo il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, il segretario generale della Cgil Maurizio Landini, la segretaria generale della Cisl Annamaria Furlan e il segretario generale della Uil Carmelo Barbagallo. In primo luogo emerge l’idea “che il ritorno dell’Italia su uno stabile sentiero di crescita sia strettamente legato al rilancio economico e sociale del Mezzogiorno, che rappresenta un pezzo importante dell’economia nazionale ma che mostra forti divari con le due principali leve di sviluppo, l’impresa e il lavoro, ancora sottoutilizzate, e con alcuni fra i principali fattori di sviluppo, come le infrastrutture e la capacità della Pubblica Amministrazione, con ampi margini di miglioramento”. Imprenditori e sindacati ritengono, quindi, che “l’attuale fase economica necessiti di uno sforzo ulteriore di promozione di investimenti, pubblici e privati, orientati all’innovazione e alla sostenibilità, al potenziamento delle infrastrutture, alla competitività, all’inclusione sociale e al miglioramento dei servizi pubblici per imprese e cittadini”. Al centro dell’attenzione “lo sviluppo economico e sociale” e “la creazione di opportunità di lavoro di qualità” che rappresentano “la strada prioritaria per il superamento dei divari e il contrasto alla povertà”.

Gli obiettivi.      

A cosa, quindi, puntare? Chiari gli obiettivi: determinare le condizioni per lo sviluppo economico, occupazionale e sociale dei territori; moltiplicare numero e risultati delle imprese ad alto contenuto di innovazione, di investimenti e di conoscenza, che possano costituire un crescente bacino di richiesta ed assorbimento di nuovo lavoro qualificato; migliorare la qualità della vita dei cittadini meridionali.

Gli interventi.

A questo scopo individuati cinque ambiti di intervento: “il rilancio degli investimenti pubblici, per rafforzare la dotazione e la qualità delle infrastrutture meridionali, a partire da quelle di trasporto, logistica e mobilità e per la tutela dell’ambiente e l’assetto del territorio, e per il miglioramento dei servizi alle imprese (rifiuti, energia, banda larga…) e ai cittadini (innanzitutto salute e istruzione); l’incremento delle opportunità di lavoro generate da uno sviluppo sostenibile e dal rafforzamento dei servizi pubblici, soprattutto a beneficio di giovani e donne, anche per contrastarne l’abbandono dei territori. Ciò attraverso investimenti pubblici e privati per la creazione di nuovo lavoro, a partire dalla Green Economy, il miglioramento degli strumenti di incentivo all’occupazione stabile che devono essere orientati prioritariamente al tempo pieno, la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, un migliore incontro tra domanda e offerta di lavoro e lo sviluppo delle competenze dei lavoratori. Parimenti si dovrà favorire una positiva soluzione dei processi di crisi industriale aperti presso il Mise”. E ancora: l’innovazione, l’irrobustimento, la sostenibilità, l’apertura internazionale e la crescita dimensionale delle imprese, anche attraverso strumenti come il credito d’imposta per gli investimenti e la garanzia pubblica, e il potenziamento della relazione tra Università ed impresa, per favorire trasferimento tecnologico e digitalizzazione dei processi produttivi; il rafforzamento del sistema di istruzione e di formazione nel Mezzogiorno, attraverso un piano che fissi obiettivi di miglioramento a medio termine di innalzamento delle competenze, di riduzione dell’abbandono, di rafforzamento dell’istruzione tecnica e universitaria, di ampliamento dei servizi educativi dell’infanzia e del tempo pieno;  una Pubblica Amministrazione da rafforzare per gestire e attuare efficaci politiche di sviluppo (a cominciare dalla politica di coesione) e garantire i livelli essenziali delle prestazioni nei servizi: tale obiettivo dovrà essere perseguito tramite la formazione ed il potenziamento degli organici con un piano di assunzioni stabili e attraverso specifici piani di rafforzamento amministrativo e organizzativo (finanziati con risorse per la coesione), finalizzati a migliorare l’organizzazione delle amministrazioni coinvolte”. Come sostenere questo piano di crescita? Con “un incremento della spesa ordinaria e l’accelerazione della spesa aggiuntiva (nazionale e comunitaria)” che diventano “la fonte finanziaria per sostenere questa azione”. A tal fine, quindi, “ritengono utile l’attuazione effettiva della clausola del 34% e la sua estensione al complesso del settore pubblico allargato, un migliore coordinamento della programmazione e dell’attuazione degli interventi finanziati con risorse per la coesione, e la loro eventuale riprogrammazione, ove necessaria”.

Come pure “richiamano l’opportunità dello scorporo della spesa per investimenti dal Patto di Stabilità europeo e la necessità di una adeguata disponibilità di cassa per i relativi capitoli di spesa (fondo di sviluppo e coesione e cofinanziamento nazionale) nella prossima Legge di bilancio”.

Come affrontare tali problematiche? Mediante “l’istituzione di una Cabina di Regia tra Governo e Regioni, aperta al confronto con Confindustria, Cgil, Cisl e Uil, con il compito di accompagnare, a livello nazionale, sovra-regionale e regionale, la corretta attuazione della strategia”.

(Fonte: confindustria.it/ 15.10.2019)

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