GLOCAL di Ernesto Pappalardo »
Alla fine di queste settimane, rimane la sensazione che ci siamo persi qualcosa per strada, che, probabilmente, non solo non ci siamo mai ripresi dalla lunga stagione pandemica che ci ha profondamente cambiati, ma che abbiamo davvero scelto di non tornare più indietro, di rimanere così, aggrappati al mondo che si trasforma e continua a farlo, di lasciare, per quanto possibile, tutto un po’ lontano da noi. E rimanere quasi dispersi a pensare non tanto a cosa ci aspetta, a cosa accadrà. Ma, soprattutto, a dove saremo noi, a che cosa realmente saremo o ci convinceremo di essere. Ecco perché i tanti e importanti fatti che accadono non sembrano scalfirci più di tanto, interessarci più di tanto. E non sembriamo proprio capire, fino in fondo, che cosa veramente accada, per esempio, tra i giocolieri della politica che permangono lì, governano lì, ben sapendo che sono destinati a rimanere lì, senza affrontare, veramente, nel merito i problemi che permangono e appaiono sempre più complessi e difficili. Basta dare uno sguardo ai titoli dei giornali, dei siti web, degli organi di informazione per rendersi conto che ogni cosa replica un racconto difficile, una narrazione che, al momento, non lascia individuare una ripartenza concreta, in base ai problemi – che non mancano proprio – che restano così, appesi a qualche altra cosa più grave. Alle situazioni, per essere chiari, davvero difficili e complesse che appaiono prese dalla sindrome dell’emergenza che si trasforma, giorno per giorno, sempre nell’inizio di un’altra cosa che, prima o poi, accadrà. Ecco, forse siamo proprio nella fase dell’impossibilità delle cose da fare che impone, invece, le cose da non fare. Biden? Era una volta Biden. Trump? E’ sempre Trump, ma è come prima? Macron? Bloccherà fino in fondo l’ascesa della Le Pen? Meloni saprà districarsi ancora nell’ingorgo che è già chiaramente persistente all’Ue?
E i singoli, non le collettività, i lavoratori, tutta quella parte di mondo che vive e va avanti sulla base delle forze che riesce a mettere in campo, che cosa dovranno aspettarsi che avvenga? I fatti concreti seguiranno le parole, i discorsi, gli impegni scritti e declamati? In questa enorme e caotica marea di cose che accadono – ma forse non realmente accadono – è molto difficile e complesso seguire i fatti, individuare quanti concordano nell’agire pienamente aderenti a un progetto, a un’idea, a un impegno che pure hanno assunto. Possibile mai che non ci sia quasi più nessuno che resta quanto meno coerente con che cosa ha già detto, con quanto ha già immaginato e proposto? Sembrano tutti immersi nel futuro che verrà. E non importa se il futuro, in realtà, è quello che già accade. Ma nessuno ha voglia di affrontarlo, di domarlo, di renderlo un fattore coerente con quello che, intanto, già siamo diventati e forse anche già scomparsi.
Ernesto Pappalardo
Appesi a un filo