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Il rapporto dell’Eurostat 2018 – riferito agli ultimi cinque anni – analizza i risultati conseguiti rispetto agli obiettivi dell’Agenda 2030.
Diseguaglianze, Ue ancora lontana dal “goal 10”
E’ il segnale più evidente del processo di polarizzazione. Da un lato la crescita esponenziale delle ricchezze di quanti già ne erano in possesso; dall’altro la diminuzione del già esiguo reddito di quanti - la stragrande maggioranza dei cittadini - erano in condizioni di disagio materiale.

di Giuliano D’Antonio*

Nel chiacchiericcio quotidiano della politica italiana è sempre molto difficile rintracciare riferimenti alle problematiche più sostanziali, quelle che riguardano tutti noi molto più da vicino di quanto si possa pensare e che, purtroppo, trovano pochissimi sbocchi nel circuito mediatico. E’ il caso, per esempio, del documento dell’Eurostat 2018 che prende in considerazione – nel periodo riferito agli ultimi cinque anni – i risultati conseguiti dall’Ue rispetto agli obiettivi dell’Agenda 2030. Secondo questa dettagliata analisi sono stati compiuti importanti progressi nel percorso di raggiungimento dei “Goals”, anche se non in maniera omogenea, a testimonianza delle difficoltà che si incontrano in termini di uniformità delle azioni messe in campo dai singoli Stati.

Dal nostro punto di vista è molto grave, per esempio, che sulla base degli indicatori individuati e selezionati, l’Ue si sia allontanata dal traguardo fissato dal “goal” numero 10 – la riduzione delle diseguaglianze –  a causa del continuo aumento delle disparità di reddito all’interno degli Stati membri, un fenomeno peraltro già riscontrato dal lontano 2005. E’ il segnale più evidente del processo di polarizzazione dei redditi e della relativa condizione di benessere presente nella nostra società. Da un lato la crescita esponenziale delle ricchezze di quanti già ne erano in possesso; dall’altro la diminuzione del già esiguo reddito di quanti  – la stragrande maggioranza dei cittadini – erano già in condizioni di disagio sociale e materiale. E’ chiaro, quindi, che sul terreno dell’inclusione e, soprattutto, delle politiche redistributive si continua a non mettere in campo strumenti efficaci (per usare un eufemismo).

D’altro canto, non sono poche le perplessità – sebbene solo in pochissimi casi rese pubbliche – nell’ambito degli organismi comunitari rispetto alle politiche di austerità attuate negli anni della grande crisi recessiva. Politiche che hanno avuto l’effetto di allargare la forbice tra le fasce di popolazione meno abbienti e quelle più agiate. Una dinamica che appare molto difficile invertire anche dopo che – almeno fino a qualche mese fa – sembrava non riproponibile un ciclo negativo a livello di perimetro Ue.

Eppure, non sono mancati né i campanelli d’allarme, né fenomeni di protesta sociale di ampie e significative proporzioni. Non è bastato a mettere sull’avviso i governi dei Paesi Ue con le economie meno permeabili alle difficoltà congiunturali della necessità di riconsiderare l’urgenza di politiche espansive in primo luogo orientate a favorire una crescita meno selettiva e più estesa non solo dei redditi, ma del benessere effettivo di ampi strati di popolazione incappati prima di tutto nella contrazione dei posti di lavoro anche in seguito all’introduzione di nuove tecnologie. Il costo in termini sociali della cosiddetta rivoluzione industriale digitale è ancora molto sottovalutato nei Paesi occidentali ed anche in questo caso non sembra percepibile la necessità di prevedere funzionali tutele per quanti appaiono destinati a rimanere al di fuori del mercato del lavoro.

Altro ambito di riferimento sul quale concentrare l’attenzione è il “goal” numero 15 – ecosistemi e biodiversità – ambito di riferimento che segnala solo in parte progressi, ma senza che si possa affermare che si sia giunti a risultati positivi.

In conclusione, resta quasi intatto il problema di fare giungere più informazioni ai cittadini europei per fare in modo che si rendano conto di come effettivamente i loro governi operano su questioni cruciali per la sopravvivenza delle attuali e future generazioni. Al momento sembra, purtroppo, prevalere una disorientante comunicazione che alimenta gravi strumentalità politiche.

*Presidente Fonmed (Fondazione Sud per la Cooperazione e lo Sviluppo del Mediterraneo)

(Fonte: asvis.it/ 18.01.2019)

 

Foto D’Antonio Giuliano
Giuliano D'Antonio
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