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Il sistema di informazioni creditizie di Crif rileva l’emergere dei primi segnali di stabilizzazione dell’andamento del rischio di credito che “si arresta dopo oltre 13 trimestri consecutivi di forte decelerazione, raggiungendo livelli inferiori a quelli del periodo pre-crisi”. Nel 2017 “si è interrotta – è scritto in una nota di sintesi – la persistente caduta del tasso di default delle imprese, determinata sia dalla sopravvivenza sul mercato del credito di quelle più resilienti, sia dalle politiche di erogazione più prudenti, sia dalle attività di pulizia dei bilanci bancari che hanno migliorato la qualità delle imprese attive su cui si misurano i tassi di default. Hanno concorso a questa stabilizzazione anche il miglioramento dell’economia reale, il prolungato regime di tassi di interesse molto contenuti nonché il progressivo allentamento delle politiche di offerta. Il tasso di default delle imprese a dicembre 2017 si è stabilizzato al 3.9%, rispetto alla rilevazione di dicembre 2015, quando era risultato pari al 5.8%, e lontanissimo dal picco della fine del 2009, nella fase più acuta della crisi, quando aveva raggiunto il 7.9%”. Sul versante delle famiglie risulta “molto più contenuta la volatilità del rischio”, perché “tradizionalmente più prudenti nel ricorso al credito e storicamente protette da saggi di risparmio elevati: il tasso di default è sceso dal 2,3% di dicembre 2015 all’1.7% di dicembre 2017, anche in questo caso su livelli decisamente più contenuti rispetto al 3.5% registrato sempre alla fine del 2009”.
L’analisi.
“Dalle serie storiche analizzate – spiega la nota – è evidente l’effetto della prima crisi economica che ha determinato un forte innalzamento della rischiosità nel 2009 e ancor più sorprendente l’effetto della seconda crisi, che si è manifestata a partire dal 2012 congiuntamente all’incremento delle segnalazioni dei crediti deteriorati, e che ha indotto una sorta di selezione darwiniana delle imprese. Più prudenti, caute nel ricorso al credito e protette da un saggio di risparmio tradizionalmente molto elevato, le famiglie mostrano nel complesso una dinamica di rischio contenuta, in lieve decelerazione negli ultimi anni”.
Le prospettive.
“In questo scenario – specificano gli analisti di Crif – il sistema bancario si interroga oggi sulle possibili evoluzioni prospettiche del rischio, sia in vista dei prossimi esercizi di stress test, che in ragione della pubblicazione in bilancio degli accantonamenti per la copertura delle perdite su crediti, che andranno ad incorporare, come previsto dal nuovo principio contabile IFRS9, anche le stime del tasso di default di medio termine in funzione dell’andamento atteso del quadro economico complessivo”. CRIF Credit Solutions “stima che, secondo lo scenario di complessivo miglioramento dello stato generale dell’economia delineato dall’EBA, il rischio delle imprese si stabilizzerà su un sentiero di normalità attestandosi intorno al 4% fino alla fine del 2019. Considerando invece per ipotesi uno scenario fortemente sfavorevole, come quello worst case delineato sempre dall’EBA (che prevede per la fine del 2019 una crescita del tasso di disoccupazione all’11.9% e una riduzione della crescita del Pil a -1.5% ), la rischiosità potrà aumentare fino al 5.8%, ritornando ai livelli conosciuti nella crisi più recente”.
(Fonte: crif.it/ 09.04.2018)

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