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Affrontare questo tipo di malattia non è semplice, anche perché in genere non si chiede aiuto.
Come combattere la depressione?
Spesso non si riconosce subito il circolo vizioso nel quale questa patologia rinchiude la persona che ne soffre. Il primo passo è ammettere che è necessario un supporto esterno.

di Gerardina Fimiani *

La depressione si può manifestare con sintomi d’intensità e durata variabile. La forma più intensa, quella identificata come depressione, è denominata depressione maggiore.

Cosa proviamo quando siamo depressi? Le persone sperimentano perdita di concentrazione e memoria, stanchezza, mancanza di iniziativa, agitazione o rallentamento motorio, mancanza  di energia, perdita o aumento di peso, senso di stordimento, nausea, sudorazione, dolori fisici, palpitazioni, vampate di calore o brividi, ridotto o aumentato bisogno di sonno, perdita della libido (sintomi fisici). La persona depressa è costantemente triste, ha un atteggiamento abulico e indeciso, perde interesse e piacere verso gli aspetti più piacevoli della vita quali ad esempio, uscire, ascoltare musica, praticare attività sessuale, fare sport, stare con gli amici,. Non è capace di porsi obiettivi, non ha nessuna speranza nel futuro, si percepisce in maniera negativa, sperimenta emozioni quali ansia, angoscia, disperazione, senso di colpa, irritabilità, disperazione (sintomi emotivi). Ci sono poi le condizioni in cui l’individuo riduce le sue attività quotidiane, ad esempio tende a restare a letto tutto il giorno, non ha cura della propria persona, tende ad evitare gli altri, le situazioni di vita sociale che il più delle volte lo fanno sentire a disagio, fino a potere arrivare a tentativi di suicidio (sintomi comportamentali).

Sensazione di essere incompreso.

Quando le componenti sintomatologiche sono in atto a nulla vale l’atteggiamento dei familiari, degli amici, delle persone amate che cercano di esortare la persona depressa ad uscire di casa, a incontrarsi con gli altri, a reagire, dato che per lui questi incitamenti appaiono incomprensibili, alieni dalla sua realtà, con la conseguente sensazione di non essere compreso, né aiutato. Nell’insorgenza del quadro depressivo, l’aspetto cognitivo disfunzionale tipico della patologia, riveste un ruolo cruciale. Chi sperimenta tale patologia, infatti, presenta un modo di pensare rigido costituito da regole (es. “non posso sbagliare mai”); ripone nel futuro aspettative irrealistiche, pretende da se stresso standard eccessivi; crede che fare errori sia vietato o di non meritare nulla.

Pensieri spontanei negativi su se stesso.

Si sente inadeguato, inutile, incapace, è convinto di una valutazione negativa da parte degli altri, si considera oggetto di disprezzo e di volta in volta evita le relazioni. Il futuro viene vissuto come pericoloso, incontrollabile, frustrante, senza speranza. Eventi o giudizi negativi rafforzano la visione problematica di sé, o anche degli altri, e ciò favorisce la convinzione che il futuro sia catastrofico. Tale concezione conferma, quindi, l’idea negativa che la persona ha di se stesso e questo modo di pensare la fa stare peggio, si attivano i sintomi fisici, emotivi e comportamentali, più si sente “giù” e più si confermano i suoi pensieri disfunzionali.

Lo stallo delle azioni e delle relazioni.

Le idee negative che il depresso ha su di sé si fortificano sempre di più, e le persone cominciano a “non fare”, iniziano così i comportamenti tesi ad evitare situazioni e persone, favorendo lo sviluppo di circoli viziosi, che mantengono l’umore depresso, in quanto la persona non vive stati mentali positivi (non facendo, non vive situazioni gratificanti) e non può dunque dimostrare a se stesso che le sue idee sono errate. I depressi non mettono alla prova le proprie idee. La persona si sente ancora più stanca e demotivata, apatica, disinteressata a molte cose, evita contatti e trascorre il tempo libero in attività passive, rimuginando sui propri problemi.

Come provare a guarire?

Chiedere aiuto non è semplice, molte volte nonostante si vivano situazioni difficili si è educati a sopportarle o minimizzarle. E questo accade sempre più spesso, non si è culturalmente abituati a riconoscere ciò che ci accade e quando ci si accorge di avere una malattia, di tipo“psicologico” , ciò che si  prova sono sentimenti di vergogna, senso di colpa, diversità. Il disagio appare un tabù, la tendenza generale è quella di credere di non avere bisogno di aiuto, oppure che chiedere aiuto sia una forma di debolezza, o ancora che chiedere aiuto non serva. Questo ovviamente non accade per le malattie organiche che sembrano essere “giustificate”. La scarsa informazione sulla depressione porta a sottovalutarla o, al contrario, a generalizzarla, omologandola a qualsiasi stato emotivo transitorio negativo. I depressi si sentono in colpa per la propria malattia, responsabili, ma è bene chiarire che la depressione è una malattia come il diabete, come una patologia cardiaca, perché dunque sentirsi in colpa? Il depresso non si sente capito, crede di essere solo, e non crede che gli altri possano aiutarlo, pone tutte le sue energie per fare fronte al problema, pensa ripetutamente al proprio stato d’angoscia, che gli impedisce di avere un comportamento attivo e quindi non permette la soluzione del problema. Questa strategia che il depresso mette in atto tecnicamente prende il nome di ruminazione, che anziché apportare soluzioni mantiene il disturbo.

Quindi cosa fare?  Come prima cosa è fondamentale capire che guarire dalla depressione non è possibile senza un aiuto esterno, bisogna affidarsi ad un esperto e insieme costruire il sentiero della guarigione, ma di questo ed altro parleremo nella terza ed ultima parte.

* Psicologa

(2continua)

 

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