GLOCAL di Ernesto Pappalardo »
Il 2018 va in archivio con il consueto rito dell’indagine annuale del Sole 24 Ore che distribuisce scatti verso l’alto, scivolate verso il basso, ma, soprattutto, aiuta a riflettere su dove veramente ci troviamo nella mappa dell’Italia e dell’Europa. Le distanze ci sono. Anzi, non sono di poco conto. Redditi, occupazione e disoccupazione, qualità dei servizi pubblici, risparmi, costo del denaro. Insomma – come si sa – due Italie. Due mondi che costano caro in termini di pari opportunità e di diritto al futuro per noi cittadini meridionali che paghiamo le tasse (in molti casi anche in misura maggiore dei cittadini del Centro e del Nord) ed in cambio non riceviamo complessivamente granché.
Naturalmente, i numeri (vedi articolo all’interno della newsletter del 21.12.2018) spiegano molte altre cose. Ma almeno su un punto si può essere tutti d’accordo: se non si rimettono in moto gli investimenti pubblici, il 2019 sarà un altro anno difficile e complesso. Non che possa bastare fare ripartire gli investimenti, per la verità. Nella nostra provincia i problemi strutturali sono diversi e per nulla semplici da avviare a soluzione. Ma – va detto – non mancano segnali che inducono ad essere meno pessimisti. Vengono da alcuni comparti/chiave (agricoltura, alimentare, turismo, servizi innovativi) ed anche dal manifatturiero green ed export oriented. E non è poco.
Un tempo si sarebbe potuto dire che occorre una svolta, uno scatto in avanti. Espressioni che la politica ha contribuito a rendere prive di reale contenuto. La verità è che solo dal basso possono nascere e competere sui mercati internazionali le piattaforme territoriali intelligenti. Senza girarci troppo intorno: se non ci aiutiamo da soli, non ci aiuta nessuno. Ed è proprio questo il punto. Se diamo uno sguardo al panorama complessivo – politico, istituzionale, sociale, economico – i segnali del sempre evocato (ma quasi mai praticato) gioco di squadra non si intravedono proprio. Anzi. Sempre più spesso sembra di assistere a percorsi solitari, tutti protesi alla tutela di interessi particolari. Percorsi, cioè, da tempo lontani da una logica di responsabilità verso la comunità della quale – a vario titolo – si è espressione.
Un esempio su tutti. Il valore dell’inclusività e, quindi, della coesione sociale. Un valore che, è bene ricordarlo, ha importanti ricadute anche dal punto di vista della redditività e della capacità redistributiva del sistema economico e produttivo. Non poche indagini scientificamente autorevoli confermano che le imprese ed i territori coesivi esprimono indicatori più positivi rispetto alle imprese ed ai territori non coesivi. Nel nostro caso – il Sud, la Campania, la nostra provincia – a parte rare ma notevoli eccezioni, non si rintraccia alcun profilo di comportamenti e di strategie ispirate a questo principio.
L’inclusività, naturalmente, stimola anche un altro importante effetto: favorisce una visione più solidale della relazionalità tra i vari soggetti socio/economici. Ed è questo il valore più rilevante che in un ciclo economico polarizzante – imprese inserite nella catena del valore glocale e imprese residuali; redditi medio/alti e redditi bassi – come quello che stiamo attraversando, potrebbe provocare quella svolta dinamica che si sintetizza nella capacità di ripartire dal basso. Remando – per usare un altro classico della retorica politica ormai del tutto falso – insieme nella stessa direzione e senza distinguo o false adesioni.
Troppo difficile? Può darsi. Ma è l’unica ricetta che in altri e ben più disastrati territori – non tanto tempo fa – ha funzionato.
Buon anno. Auguri in particolare ai lettori di SalernoEconomy.
Ernesto Pappalardo
@PappalardoE
Locale+globale