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L’Italia e l’Europa, viaggio nelle procedure d’infrazione / 3
Aiuti per le calamità? Sì, ma non “a pioggia”
Nel 2002 il Governo decretò agevolazioni per gli investimenti nelle zone interessate da pesanti fenomeni naturali. Bruxelles: il sostegno è ammesso per riparare i danni subiti veramente.

di Alfonso Schiavino

I Governi italiani hanno “regalato” soldi alle aziende di città ricche e popolose, con la scusa delle alluvioni e dei danni conseguenti. In base a questa certezza, la Commissione europea ha fatto condannare l’Italia davanti alla Corte di giustizia. Gli aiuti statali per le calamità – precisa Bruxelles – non possono avere stampo macroeconomico.

2002, anno di emergenze naturali.

In Italia nel 2002 si verificarono alcune calamità naturali, quindi il Governo concesse agevolazioni fiscali per gli “investimenti” nelle zone interessate. L’autorizzazione è contenuta nel decreto legge 282/2002: l’articolo 5 sexies traccia una “mappa” richiamando 4 decreti del Presidente del consiglio dei ministri (Dpcm) che dichiaravano gli stati di emergenza.

Il decreto legge 282/2002

La geografia delle calamità e del soccorso fiscale.

I primi 3 Dpcm riguardavano territori e fenomeni circoscritti: eruzioni dell’Etna (Dpcm 29.10.2002), terremoto nella provincia di Campobasso (Dpcm 31.10.2002) e nella provincia di Foggia (Dpcm 8.11.2002). Questi decreti arrivarono a ridosso dei fatti.Il quarto Dpcm, emesso il 29.11.2002, comprende episodi eterogenei avvenuti nel Nord fino a 7 mesi primi. Ecco il dettaglio: “Eccezionali eventi metereologici verificatisi nel territorio della regione Liguria, in provincia di Savona nei giorni 2, 3, 4, 9 e 10 maggio 2002, in provincia di La Spezia nei giorni 6 e 8 agosto 2002 e nelle province di Genova, La Spezia e Savona nei giorni 21 e 22 settembre 2002, nel  territorio dei comuni di Loiano e Monzuno, in provincia di Bologna, a causa del crollo di una parete rocciosa veriticatosi il 15 ottobre 2002, e per gli eccezionali eventi atmosferici nel mese di novembre 2002 che hanno colpito le regioni Liguria, Lombardia, Piemonte, Veneto, Friuli-Venezia Giulia ed Emilia-Romagna”.

2005, gli strali della Commissione europea.

Pochi anni dopo, la Commissione europea si convinse che il Governo italiano aveva regalato soldi “a pioggia”, senza verificare l’esistenza di eventuali danni. Perciò richiamò l’Italia con la Decisione 2005/315.

Il testo della Decisione 2005/315 nella Gazzetta europea

La logica di Bruxelles: agevolazioni sì, a pioggia no.

Bruxelles non discuteva le agevolazioni, ma la genericità dell’operazione, come si legge nel documento a pagina 7. L’articolo 3 è lampante: “I singoli aiuti (…) sono compatibili con il mercato comune (…) nella misura in cui non superino il valore netto dei danni effettivamente subiti da ciascuno dei beneficiari (…) tenuto conto degli importi ricevuti a titolo di assicurazione o in forza di altri provvedimenti”. L’articolo 4 conferma: “I singoli aiuti (…) che non soddisfano le condizioni stabilite dall’articolo 3 sono incompatibili con il mercato comune”.

Il difetto è l’impostazione macroeconomica.

Il dettaglio è scritto nei punti dal 46 al 49 (pagina 6). Se avete voglia di leggere, il testo è lungo ma esauriente. “Data l’impostazione macroeconomica del provvedimento cui hanno dato esecuzione le autorità italiane, non è possibile determinare un chiaro nesso causale tra il danno risarcito e le calamità naturali. Anche per quanto riguarda i danni indiretti, il nesso deve essere determinato a livello di ogni singola impresa (…). Nel caso di specie, il regime va a beneficio di tutte le imprese che realizzino investimenti al di là di una determinata soglia (…), nei comuni indicati dalle autorità italiane, alcuni dei quali sono molto estesi, molto popolosi e realizzano una considerevole attività economica (ad esempio Milano, Torino, Genova). Molti beneficiari non hanno subito un danno diretto e niente prova con certezza l’esistenza di danni indiretti. Non è d’altronde comprovato che gli eventuali danni siano stati causati esclusivamente dalle calamità naturali (…). Il meccanismo di aiuto e l’importo concesso a ciascun beneficiario non hanno alcun rapporto con i danni effettivamente subiti, ma dipendono dal volume degli investimenti realizzati durante un determinato periodo, dal volume di quelli realizzati negli anni precedenti e dall’esistenza di un reddito imponibile. In queste circostanze, ammesso che il beneficiario abbia effettivamente subito danni provocati dalle calamità naturali, l’importo degli aiuti può superare quello dei danni (…). Il procedimento formale di indagine non ha permesso di dissipare i dubbi della Commissione (…)”.

2011, la condanna della Corte di giustizia.

La Decisione 2005/315 imponeva al governo di recuperare i benefìci economici concessi e di restituirli ale casse pubbliche. L’obbligo venne disatteso, almeno in larga misura, infatti la Corte di giustizia condannò l’Italia il 14/7/2011. Non bastò. Il 21/11/2012 Bruxelles ha inviato la messa in mora 2012/2201 perché troppi soldi dovevano essere ancora recuperati. Significa che l’azione legale potrebbe portare a una seconda condanna, stavolta comprensiva di multe.

La procedura è una delle 64 ancora aperte contro l’Italia.

La sentenza della Corte di giustizia (causa C-303/09)

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